“Abolire il valore legale del diploma di laurea favorirebbe le Università private”. Per questo motivo il 59 per cento degli utenti si è dichiarato contrario all’eventualità, rispondendo al nostro sondaggio relativo alla proposta avanzata il mese scorso da un deputato del Pdl.
Proprio in seguito alla proposta si era riacceso il dibattito sull’abolizione del valore legale come passaggio che avrebbe consentito una “concorrenza virtuosa” tra gli atenei. Ma gli utenti non sono d’accordo, vediamo perché.
Al primo posto tra i contrari all’abolizione del valore legale del diploma di laurea ci sono quelli che hanno risposto che la cosa non farebbe che favorire le università private, che sono ritenute anche le migliori dai vari ranking accademici. Si tratta del 58,99 per cento degli utenti che ha risposto alla nostra domanda.
Un altro 11,8 per cento si è detto invece contrario all’abolizione del valore legale perché causerebbe una diminuzione nelle iscrizioni all’università, togliendo appeal al cosiddetto “pezzo di carta”.
Ad essere favorevoli all’abolizione del valore legale della laurea sono invece il 29,21 per cento degli utenti. Più in particolare, il 25,8 per cento degli utenti ha risposto di essere d’accordo perché “se ti laurei in un ateneo migliore il titolo deve valere di più” volendo precisare quindi che i “pezzi di carta” non sono tutti uguali.
Un 3,35 per cento ha risposto di essere favorevole perché il valore legale azzera la concorrenza tra atenei, che in questo modo si ritrovano tutti – indipendentemente dalla qualità – ad offrire un titolo che ha lo stesso valore per legge.
Anche se la proposta del Pdl è stata poi smentita da Berlusconi in visita all’eCampus, non è certo la prima volta che l’argomento viene affrontato in Italia, e soprattutto in un momento come questo, quando parlare di università chiama sempre più in causa il merito e la valutazione, c’era da aspettarselo. Bisogna stare attenti però, a non ricadere nella logica puramente aziendale di alcuni sistemi di valutazione che riducono le università a operatori di mercato nudi e crudi. Alla base di tutto deve restare il diritto allo studio e il ruolo dell’università come luogo di formazione e crescita per tutti.
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