Fuori Stefania Giannini, dentro Valeria Fedeli. Sebbene il governo Gentiloni, che ha appena ricevuto la fiducia dal Parlamento, sia stato quasi unanimemente accusato di essere la fotocopia dell’esecutivo che l’ha preceduto, a viale Trastevere c’è stato un avvicendamento. L’ex rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca nei quasi tre anni di governo Renzi, ha lasciato il posto al vertice del MIUR alla ex sindacalista della CGIL eletta nelle liste del PD, che tutti abbiamo imparato a conoscere quando, in qualità di vicepresidente del Senato, presiedette le votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica.
Il nuovo ministro dell’Istruzione si autodefinisce “una sindacalista pragmatica. Sono femminista riformista e di sinistra”. Parole che la dicono lunga sulla sua nomina. Valeria Fedeli, infatti, non è un esperta del mondo della scuola né di quello dell’università e l’impressione è che sia stata scelta per il ruolo proprio per i suoi trascorsi nel sindacato. La 67enne originaria di Treviglio (BG) potrebbe riuscire dove Stefania Giannini ha fallito, cioè nel rendere meno tesi i rapporti tra il governo e le parti sociali riguardo alla riforma che, forse incautamente, Renzi decise di battezzare “Buona Scuola” e che, invece, è stata contestatissima da tutte le sigle sindacali.
Proprio lo scontento degli insegnanti potrebbe essere costato all’ex presidente del Consiglio la sconfitta al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Non sorprende, dunque, che per sostituire Stefania Giannini, accusata da più parti di essere responsabile della creazione di un clima da muro contro muro con la categoria, si sia scelta una figura esperta nelle trattative sindacali.
E i sindacati, infatti, hanno subito mostrato un tiepido ottimismo nei confronti della nuova titolare del MIUR, benché nel mondo della scuola si sperasse maggiormente nella nomina di Marco Rossi-Doria, già sottosegretario all’Istruzione durante il governo Monti ed ex maestro. Uno che l’insegnamento lo conosce da vicino, insomma. Mentre Valeria Fedeli non è molto avvezza a questo settore, ma è di certo dotata della capacità di mediare e raggiungere accordi, cosa da non sottovalutare in un momento nel quale restano ancora aperti i dossier relativi a mobilità del personale e rinnovo del contratto.
L’obiettivo assegnato a Valeria Fedeli è quello di riconquistare una categoria che storicamente ha sempre votato a sinistra, evitando irrigidimenti e riportando la serenità nel confronto sulla riforma. Che, assai verosimilmente, potrebbe essere radicalmente rivista, specie nei suoi aspetti maggiormente criticati, come la chiamata diretta degli insegnanti.
Se Stefania Giannini ha perso il posto da ministro, dovrebbe invece mantenere quello di sottosegretario Davide Faraone (PD), mentre le voci di palazzo danno in bilico Gabriele Toccafondi (NCD).
In questo valzer di poltrone, nulla dovrebbe cambiare per il mondo dell’università. Il governo Renzi, infatti, nonostante i ripetuti annunci non ha concretizzato una riforma per questo settore ed è lecito ipotizzare che nemmeno l’esecutivo guidato da Gentiloni, la cui durata dovrebbe essere piuttosto limitata, si cimenterà in questo compito.