Il nome non lascia adito a dubbi sulla materia di insegnamento: Marijuana State University. Come se non bastassero le recenti notizie sui sex toys come oggetto di corsi di insegnamento all’università. L’ateneo decisamente sui generis ha aperto i battenti con le sue prime lezioni a Portland, nello Stato del Maine. A guidare la didattica è Ray Logan, 56enne nativo di Portland che ha così potuto trasformare in occupazione il suo “passatempo” esercitato da trent’anni e per tanto tempo illegale.
Il primo corso è durato in realtà soltanto tre ore: si tratta di un workshop che insegna agli studenti come coltivare la pianta correttamente per scopi medicinali. Il costo è di 79 dollari, che scendono a 59 per studenti, anziani e veterani. L’ambizione del “prof” è quella di ampliare la platea degli studenti.
Il corso sulla cannabis non è l’unico che si tiene negli Stati Uniti. A Oakland, in California, l’ateneo dove si studiano le cure palliative attraverso la medicina officinale, dove l’erba medica è appunto la marijuana. Tanto che si chiama Oaksterdam University, in riferimento alle politiche sulle droghe leggere che caratterizzano l’Olanda e in particolare ad Amsterdam. Slogan dell’ateneo: “Quality training for the cannabis industry”.
A Oakland ci si vanta di aver fondato il primo college d’America sulla cannabis. Il corso è seguito da tanti professionisti in giacca e cravatta e il docente ed esperto di politiche sull’uso di marijuana, Paul Armentano, spiega che ci sono aperture della autorità antidroga pensano di rendere legale il ricorso al principio attivo perché lo utilizzi l’industria farmaceutica.
Inaugurato a fine 2007, l’ateneo conta 17.000 studenti iscritti negli anni contro una dozzina degli esordi. Ci sono anche studenti che arrivano da Paesi come Iran e Colombia per formarsi sugli aspetti medici (e relativi guadagni) della marijuana. Il fondatore della scuola, Richard Lee, ha preso spunto proprio da un’esperienza analoga conosciuta ad Amsterdam e ha pensato di importare il modello in California.
Un approccio professionale e trasparente, ha pensato, potrebbe aiutare ad abbattere i pregiudizi sul farmaco ed eventualmente a portare lo Stato più vicino alla legalizzazione completa. Ma i docenti ammettono che la grande maggioranza dei nuovi studenti non sono attivisti per la liberalizzazione dell’uso della “maria”, bensì aspiranti imprenditori che sperano di fare business con le sue virtù mediche.