Stavano facendo degli studi per risalire all’origine delle malformazioni cardiovascolari, invece alcuni ricercatori del Centro di Biotecnologie molecolari dell’Università di Torino hanno scoperto un enzima – battezzato “Ubiad1” – capace di far secernere al nostro corpo la vitamina antiossidante Q10, naturalmente prodotta dall’organismo umano e con una funziona simile a un “elisir di giovinezza”. Sostanza da tempo nota agli studiosi, perché utilizzata come integratore nella cosmetica e nelle creme per il viso.
Lo studio – finanziato anche con i fondi Telethon e pubblicato sulla rivista internazionale Cell – apre nuove prospettive per il trattamento naturale dei danni cellulari creati dal cosiddetto “stress ossidativo”, che – per via dell’effetto dei radicali liberi – provoca l’invecchiamento della pelle attraverso il danneggiamento del Dna. Grazie a questa scoperta, è possibile arrivare perfino a soluzioni preventive. “Ora – spiega il professor Massimo Santoro dell’Università di Torino, autore della scoperta assieme alla professoressa Vera Mugoni – il compito della ricerca sarà trovare una sostanza in grado di attivare l’enzima ‘Ubiad1’ che favorisce la produzione della vitamina anti-età“.
Tale “elisir della giovinezza”, cioè la vitamina antiossidante Q10, oggi può essere assunto come un normale integratore in pastiglie. Se prodotto artificialmente, tuttavia, viene assimilato dall’organismo umano solo per il 3 per cento. Per questo adesso risulta fondamentale trovare quella sostanza che attivi l’enzima “Ubiad1” e di conseguenza la sostanza anti-invecchiamento. A questi risultati, gli studiosi sono giunti, utilizzando al posto dei “classici” topi un piccolo pesce tropicale chiamato “zebrafish”: tale animale, infatti, presenta molte similitudini con i vertebrati superiori e con l’uomo.
Tra le altre cose, i ricercatori dell’Università di Torino hanno confermato che tale “elisir della giovinezza” non comporta né rischi né conseguenze particolarmente negative. Anzi, la vitamina Q10 potrebbe trovare diverse applicazione in medicina: sembrerebbe, ad esempio, che abbia un effetto cardio-protettivo, per cui si pensa già di utilizzarla per il trattamento di alcune patologie cardiovascolari. Inoltre, da questa scoperta potrebbero arrivare una soluzione per la cura della Distrofia del cristallino di Schnyder, una rara patologia dell’occhio dovuta a delle mutazioni del gene umano che produce, per l’appunto, l’enzima “Ubiad1”.