Le università telematiche non potranno essere statalizzate e non possono diventare atenei tradizionali: l’ha stabilito la magistratura contabile bloccando la norma che avrebbe concesso alle undici web university presenti in Italia di posizionarsi alla pari di atenei come La Sapienza, la Statale di Milano e tutte le altre università tradizionali. Secondo la proposta del Miur, non è possibile creare nuove università statali ma un regolamento avrebbe dovuto individuare i criteri per far transitare gli atenei on line interessati da privati a pubblici, facendoli passare dal mondo “virtuale” a quello reale.
Hanno certamente influito sulla decisione della Corte dei Conti i dubbi che da sempre contornano il mondo delle virtuali e l’esiguo numero di iscritti di quasi tutte gli undici atenei. Nonostante la frenetica attività di promozione e di vendita con lo sconto sulla retta annuale, oggi gli atenei telematici mettono insieme complessivamente soltanto l’1% della popolazione studentesca universitaria nazionale. Basti pensare i casi di E-Campus, che conta solamente 59 immatricolati nell’ultimo anno accademico e la Giustino Fortunato con le sue 48 matricole. Per non parlare della valutazione moto severa espressa dal Cnvsu (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) in ordine al funzionamento di alcune di queste università.
Molte di queste realtà, inoltre, si reggono su un organico di ruolo ridotto al lumicino, con le lezioni affidate prettamente a ricercatori a tempo determinato. Oppure a personale a contratto, che, nel migliore dei casi, è preso in prestito dall’università tradizionale. Ma ci sono anche quelle, come l’Uninettuno, che si distinguono dal gruppo ottenendo ottimi risultati alle ultime due visite valutative effettuate dal Cnvsu.
La Corte ha dunque cancellato il meccanismo perché il Dm dettava indirizzi per un regolamento successivo, mentre in realtà per questo tipo di modifica servirebbe una legge. Nella tagliola è finita anche la frase successiva, che avrebbe bloccato l’attivazione di nuovi corsi a distanza fino all’emanazione del regolamento, per il quale però non si prevedono termini. Lo stesso ministero, del resto, richiama più volte la restrizione delle risorse disponibili per l’università, e per questa ragione blocca per almeno per due anni la creazione di nuovi atenei. Non tutti, però: le università non statali potranno crescere, purché le nuove realtà offrano prevalentemente corsi in lingua inglese o siano filiazioni di università straniere con titoli riconosciuti da almeno tre anni.
Effettivamente in Italia esistono troppe università telematiche e non se ne comprende il motivo, visto l’esiguo numero degli iscritti; anzi, il motivo c’è ed è quello commerciale. Occorrerebbe da parte del ministero fare una bella sforbiciata di questi atenei virtuali e stabilire che ci sia uno solo idoneo a garantire l’ offerta formativa a coloro che non possono frequentare l’università.