Gli studenti fuori corso all’Università di Palermo dovranno prepararsi, anche alla svelta, a una stretta sui tempi utili per laurearsi. Se finora infatti non imponeva particolari limiti ai fuori corso per conseguire il titolo, l’ateneo, attraverso una delibera del Senato Accademico, ha stabilito il tempo massimo per terminare il ciclo di studi.
Il problema? Più della metà degli iscritti all’ateneo risulta in ritardo con lo svolgimento degli esami. Per l’esattezza i fuori corso sono 35 mila su 62 mila iscritti. L’aut aut dell’università siciliana non è motivato da questioni di ordine didattico: la decisione è fondata soprattutto su una valutazione di natura economica, legata ai fondi statali destinati all’ateneo.
Certo, i fuori corso continuano a pagare regolarmente le tasse e portano risorse all’ateneo, usufruendo peraltro dei servizi in modo minore rispetto ai frequentanti. Ma la loro presenza in numero elevato rappresenta un intralcio. Gli atenei che ne contano troppi subiscono una decurtazione notevole dei finanziamenti pubblici, secondo quanto previsto dalla nuova logica di ripartizione del fondo.
Buona parte del sostegno pubblico è infatti proporzionale al numero degli iscritti all’università, un numero su cui gli studenti “ritardatari” vanno ad influire in modo nettamente inferiore, determinando quindi un ulteriore taglio alle risorse di ateneo. La stretta riguarderà soprattutto gli iscritti al vecchio ordinamento di 5 anni, i cui studenti avranno tempo solo fino a marzo 2014, anno accademico 2012/2013, per potersi laureare.
Anche al nuovo ordinamento verrà applicato un limite massimo, e sarà compreso tra i quattro anni fuori corso per le triennali ai sei per le quinquennali. Le associazioni degli studenti, pur comprendendo le esigenze dell’Università di Palermo, non ritengono però che questa sia la strada da percorrere, chiedendo invece dei corsi di recupero per gli esami più “problematici”. Una valutazione che l’ateneo sta parallelamente conducendo per poter attivare delle sessioni intensive e abbattere il fenomeno dilagante dei fuori corso.
Il ritardo negli studi riguarda infatti molte facoltà, prime fra tutte le scientifiche, in cui su un totale di 730 immatricolati appena 14 sono in regola con gli esami, numero che equivale all’1,9 per cento. Dati simili si ottengono se si prendono in considerazione le facoltà di Giurisprudenza, Economia, Scienze della formazione e Agraria.
E tutto il grande amore per gli studenti? per la loro cultura? la loro formazione? le recite fatte col cuore in mano per amor dei giovani? che fine ha fatto? cadono le maschere? chi ama i giovani veramente gli dice, vieni a studiare non importa niente, c’è posto anche per te, sempre, basta che tu lo voglia e la porta sarà sempre aperta anche per te.Penso che non esista la devozione e la passione nel diffondere lo studio, ma solo interessi economici.Comunque i ragazzi farebbero bene ad andare a studiare all’ estero, non entrare in ambienti marci per come agiscono, finirebbero con l’ apprendere ad essere marci e non a crescere come persone, nei valori e nei contenuti.
MA VI RENDETE CONTO CHE MOLTI RAGAZZI SONO COSTRETTI A LAVORARE PER MANTENERSI AGLI STUDI ?? NATURALMENTE NON POTRANNO LAUREARSI NEI TEMPI STABILITI. COSA DICIAMO A QUESTI RAGAZZI??
Quoto Silvana in toto!
Ci sono anche quelli che sono state vittime di corsi di laurea fatte a cavolo, come me, che mi hanno rovinata.Ho una depressione addosso, ho sostenuto più della metà degli studi, e sono ferma per cercare di riprendermi dalla depressione, non possono fare decadere le persone, si possono avere problemi nella vita che sfasano tutto.Mi dovrebbero risarcire di tutti i danni che mi hanno causato, a livello di salute e di vita.Eliminate immediatamente tutti i corsi di laurea che non servono a niente,solo per dare cattedre, e risarcite tutti gli studenti.Ci tengo a precisare che non studio a Palermo, ma parlo per quello che sono le Università in generale. Chi supera un determinato numero di esami, facciamo un terzo, ha il diritto che gli valgano sempre gli esami,si possono avere problemi di salute che ti fermano, e fate corsi di laurea che preparano a svolgere lavori, non minestroni che servono solo ai professori, e risarcite i danni agli studenti che ci sono cascati.Consiglio ai ragazzi di andare via dall’ Italia, fanno tutto sulle nostre spalle, siamo solo cavie, fanno i soldi su di noi.
Che Bella Idea!!!
Il diritto allo studio lo buttiamo nel cesso…..
Il diritto allo studio NON C’ENTRA NIENTE…… 7 anni per un corso di studi di triennale sono più che sufficienti, anche se per esperienza mia alcuni corsi triennali hanno 25-30 materie… eccessive per un corso di tre anni.
@Emanuele
come il diritto allo studio non c’ entra niente? e se uno cade malato e ritarda gli studi? e dove sta scritto che una persona non possa voler iniziare a studiare a 40 anni a tempo perso? perchè non è un diritto di una persona poter studiare? chi osa impedirglielo? altro che regime, state attenti che questo è regime vero e proprio.Ma tranquilli se si facesse una cosa simile è la volta buona che salta tutto.Ma non ci si rende conto o si fa finta di non capire che a ritardare gli studi non sono i più stupidi o i meno preparati ma sono i più disagiati economicamente, socialmente ed anche fisicamente,oltre che per motivi dovuti alle Università.Perchè queste persone dovrebbero essere discriminate?diciamo che gli avvocati avranno risolto il problema del lavoro a furia di ricorsi,sentenze e risarcimenti.Per il fatto che si studino troppe materie sono d’ accordissimo, per una laurea normale di 4 anni 18 esami vanno più che bene.
Facessero un albergo per gli studenti fuori sede fuori corso in modo da poter pernottare tranquillamente durante il periodo degli esami ed il numero dei fuori corso calerebbe, perchè ricordiamo che probabilmente i fuori corso sono in maggior numero i fuori sede che sono molto più svantaggiati,ed il fatto di non fare comodamente l’ Università si ripercuote in maniera rilevante sull’ andamento. Il modo di vivere(disaggi) l’Università è la cosa che grava di più sull’ andamento,più dello studio e delle capacità.