Università in bolletta? Arriva il commissario ministeriale. Non si tratta più soltanto di uno spauracchio, il commissariamento degli atenei in dissesto potrebbe diventare presto un’opzione reale scritta nero su bianco nello schema del decreto attuativo della riforma Gelmini, approvato nei giorni scorsi in preconsiglio dei ministri, che dovrebbe passare all’esame del Consiglio la settimana prossima.
Nei termini già esplicati nella legge Gelmini, sarebbero da considerarsi in stato di dissesto quegli atenei che non dispongono di cassa per saldare i debiti “liquidi ed esigibili, nei confronti di terzi” o che non si dimostrino in grado di assolvere alle “proprie funzioni indispensabili”. Secondo le indiscrezioni emerse sul Sole24Ore e Italia Oggi, a queste università in rosso saranno applicate le stesse disposizioni messe in campo per gli enti locali.
Allo scattare dello stato di allarme finanziario, gli atenei avranno tre mesi di tempo per mettere a punto e approvare un piano di rientro triennale, che permetta di sanare la situazione economica entro un massimo di cinque anni. Il commissario straordinario, nominato dal ministero, entrerà in scena qualora questo piano non venga approvato oppure, in fase di verifica annuale, si dimostrasse inattuato o compromesso.
A questo funzionario sarà consentito di assumere qualsiasi provvedimento utile al risanamento del bilancio, anche attraverso l’alienazione di beni, riscossione di crediti, stipulazioni di contratti, nell’arco di un periodo massimo di un quinquennio. A piano di risanamento concluso sarà compito del governo dichiarare chiuso il commissariamento, entro 60 giorni dalla ricezione della relazione del funzionario.
Ma l’attuazione di quella che sembra una opzione da opporre a “mali estremi”, potrebbe non essere una eventualità tanto rara. All’inizio dell’anno, in seguito al mancato inserimento nel decreto Milleproroghe dei correttivi sul calcolo delle spese del personale, erano 36 le università italiane a rischio di non far quadrare i conti. L’ombra del commissariamento potrebbe diventare dunque realtà per oltre la metà degli atenei italiani?