Crowdsourcing è ormai un termine piuttosto popolare, che sta ad indicare la partecipazione attiva e lo sforzo collaborativo di un numeroso gruppo di persone (crowd) per risolvere problemi o portare avanti dei progetti tradizionalmente delegati a piccoli gruppi o a singoli.
Intelligenza collettiva, saggezza delle folle, i termini con cui si indicano queste pratiche di condivisioni rese possibile dal web sono vari, e si aggregano tutti intorno all’idea democratica della produzione collaborativa.
Perché anche gli atenei potrebbero, o meglio dovrebbero beneficiare del crowdsourcing? Per tanti motivi, e tutti davvero molto buoni. A spiegarlo è un focus di Mashable, nota piattaforma editoriale su Tech, media, business, ma è evidente anche da alcuni esempi già messi in pratica in ateneo.
L’università, al pari di ogni tipo di organizzazione, si trova infatti a dover risolvere problemi, a potenziare servizi, a curare la relazione con i suoi studenti, o a portare avanti progetti. Per tutte queste funzioni la collaborazione di massa potrebbe rappresentare un’opportunità da molteplici punti di vista: è un’ottima fonte di conoscenza su ciò di cui hanno bisogno gli studenti, rappresenta un risparmio economico per evitare di “appaltare” prodotti e servizi a terzi e soggetti esterni e infine è una innegabile fonte di formazione per tutti coloro che vi prendono parte.
Il coinvolgimento attivo degli studenti porterebbe infatti soluzioni di elevata qualità: chi meglio di loro conosce infatti i bisogni della comunità universitaria? Poi, da non trascurare l’ottima pubblicità e il ritorno d’immagine che ne deriverebbe per l’ateneo stesso se ha ben condotto attività di crowdsourcing. Infine, remunerare gli studenti con visibilità, opportunità formative o premi anche in denaro, non rappresenterà sicuramente un costo elevato come pagare una azienda che fornisce lo stesso servizio.
Tra gli esempi citati da Mashable, quello della Cal State Fullerton University, che lo scorso semestre ha invitato tutti gli studenti e le loro famiglie a presentare iniziative per l’università per mettere in campo nuove strategie di azione, migliorare punti di forza e opportunità.
<> su: http://generazionepropro.corriere.it/2010/02/17/lera_del_crowdsourcing_il_lavo/
Crowdsourcing: lavoro gratuito, sfruttamento e schiavitù in cambio di precarietà eterna, svuotamento della cultura del lavoro e delle professioni… altro che “intelligenza collettiva”: spudorato continuo super arricchimento dei soliti, pochi, noti.
Vedi anche:
Carlo Formenti: “Lavorare senza saperlo: il capolavoro del capitale”
Andrew Ross: “On the Digital Labour Question”