Una mozione per definire regolamento e risorse per il pagamento degli stipendi dei ricercatori che insegnano. L’ha inviato il consiglio della facoltà di Architettura dell’Università di Firenze al consiglio d’amministrazione d’ateneo: “Il lavoro intellettuale deve essere riconosciuto e adeguatamente remunerato”, ha dichiarato il preside di facoltà Saverio Mecca. Concetto del condivisibile e quasi scontato che però, in Italia, non sembra essere stato ancora afferrato ai “piani alti”.
E l’idea di Architettura preoccupa non poco il Cda visto che si pensa possa scatenare una reazione a catena. L’ateneo fiorentino è infatti permeato da tempo da forti polemiche sul pagamento dei ricercatori a tempo indeterminat,o che si fanno carico anche dell’insegnamento, visto che finora questi hanno sempre svolto questa mansione a titolo gratuito.
Firenze chiede che, come è già successo nelle Università di Trieste, Sannio, Padova, Milano-Bicocca, Bergamo, Calabria, Trento, Modena, Reggio Emilia, Bologna e Torino, venga attuato l’articolo quattro della riforma Gelmini, la legge 240 del 2010. Secondo questa norma ogni ateneo può determinare come e quanto pagare i ricercatori con incarichi di docenza.
I ricercatori presso la facoltà di Architettura dell’ateneo fiorentino che in virtù della riforma avrebbero diritto a una retribuzione sono una settantina circa. Proprio per questo quelli che hanno promosso la mozione, consapevoli della carenza di fondi stanziati per il settore, cercano addirittura di andare incontro all’ateneo: “In realtà – spiega il preside Mecca – il 90 per cento dei corsi è coperto da docenti di ruolo. Questo documento chiede al Cda di procedere a un adempimento normativo e lo fa senza specificare cifre perché sia i docenti che i ricercatori sono consapevoli della situazione di bilancio dell’ateneo”.