Italia addio: il 50 per cento dei neolaureati di età compresa tra i 24 e i 28 anni anni sogna l’estero. A spingere i nostri giovani verso l’emigrazione è la sfiducia di trovare un lavoro all’interno dei confini nazionali, vuoi per le sfavorevoli condizioni economiche, vuoi per la poca importanza rivestita dalla meritocrazia.
Questo dato viene da uno studio dell’associazione ‘Donne e qualità della vita’, che ha intervistato mille laureandi degli atenei italiani nella fascia d’età 24-28 anni, scoprendo che solo il 33 per cento è speranzoso di riuscire a immettersi nel mercato del lavoro nazionale.
Un laureato su due si dichiara pronto ad andare all’estero, con un picco del 59 per cento per i laureati in discipline umanistiche, seguito dal 57 per cento di quelle scientifiche. E, forse un po’ a sorpresa vista la ricchezza storico-artistica del nostro Paese, anche il 35 per cento dei laureati del settore archeologico ha le valigie pronte per emigrare. I più fiduciosi di potersi impiegare in Italia, invece, sono i laureati nelle discipline del settore agroalimentare, altra indiscussa eccellenza tricolore, che pensano di partire solo nel 9 per cento dei casi.
Il 33 per cento degli intervistati ha detto di sognare l’estero a causa delle condizioni economiche in cui versa l’Italia, mentre il 67 per cento ha indicato la scarsa meritocrazia esistente nel nostro Paese come spinta decisiva all’emigrazione. Per il 43 per cento degli intervistati varcare i confini nazionali è visto poi come un modo per confrontarsi con realtà straniere e per il 37 per cento la voglia di andare all’estero è dettata anche dalla volontà di studiare le lingue. In generale, comunque, il 62 per cento degli intervistati motiva la propria voglia di emigrare con la maggior facilità di trovare lavoro in altri paesi. Stando ai risultati di questa indagine, la fuga di cervelli – una delle più gravi piaghe nostrane – non sembra, dunque, destinata a sanarsi.