Alcuni studenti dell’Università di La Manouba, in Tunisia, hanno protestato affinché il niqab – il velo che copre il volto delle donne – non sia più un obbligo nelle aule e sono stati aggrediti per questo da altri studenti salafiti. Inoltre un giovane è salito sul tetto della Facoltà di Lettere e scienze umanistiche per sostituire la bandiera nazionale con un drappo nero in onore di Allah.
In Tunisia dunque la lotta tra studenti universitari assume i tratti dello scontro politico, religioso e quindi ideologico; gli studenti laici infatti, simbolo della nuova generazione che si ribella al regime totalitario e all’integralismo religioso, portatori entrambi di un pensiero assolutista antilibertario, sono osteggiati dai salafiti fondamentalisti che godono dell’appoggio governativo e di Ennahdha, il suo partito di rappresentanza.
Non a caso, di fronte agli ultimi eventi il ministro dell’Interno, Ali Larayedh, anziché condannare gli studenti aggressori e attribuire loro la responsabilità delle violenze, ha polemizzato con il preside di Facoltà per non essere riuscito a tenere sotto controllo i disordini del suo ateneo. Seguendo la stessa strategia governativa poi il portavoce del governo, Sami Dilou, ha chiesto una punizione per lo studente che ha offeso la dignità nazionale oltraggiandone la bandiera.
Intanto però in Internet corrono i video del pestaggio in cui gli studenti estremisti, i cosiddetti “barbus”, si scagliano con bastoni e coltelli sugli studenti dell’Uget – l’unione degli studenti laici tunisini – ma anche sui giornalisti presenti. Sui forum telematici si dibatte ora sulla responsabilità del Governo e sulla sua linea fondamentalista espressa palesemente con l’appoggio agli studenti salafiti.
La corresponsabilità del governo è testimoniata anche dal fatto che nessuno dei responsabili delle violenze è stato condannato in termini di legge, né per gli ultimi eventi nelle università, né per episodi passati e di maggiore gravità, come l’incendio della casa del direttore di Nessma tv, colpevole di aver trasmesso un film blasfemo.
La censura di pensiero e d’azione, dunque, soffoca ancora la libertà in Tunisia, ma la società laica, a partire dall’università, non è più cieca e inizia a far sentire la sua voce, soprattutto sui mezzi di comunicazione social.
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