Attraverso il monitoraggio del lavoro delle api è possibile tutelare l’ambiente. Ed è su questo presupposto che si basa il progetto “C.A.R.A. Terra”, ideato dal CoNaProA, il Consorzio Nazionale Produttori Apistici che ha diverse unità produttive in provincia di Caserta e di Napoli, una zona conosciuta come Terra dei Fuochi. L’iniziativa gode del sostegno scientifico dell’Università del Molise e dell’Università di Napoli, impegnate rispettivamente con Antonio De Cristofaro, docente di Apicoltura, ed Emilio Caprio, ricercatore di Entomologia generale e applicata.
Le api, gli insetti impollinatori per eccellenza, sono dei veri e propri sensori viaggianti, in grado di raccogliere circa dieci milioni di microprelievi quotidiani su acqua, aria, terreno e vegetazione. Grazie ai campioni raccolti – costituiti dalle api stesse, dal miele e dalla cera – è possibile successivamente eseguire delle analisi in laboratorio sui livelli di cadmio, piombo e idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Si tratta di tutte sostanze derivanti dalla combustione incompleta dei rifiuti, quindi un buon indice del livello di inquinamento.
Il progetto mira alla tutela dell’ambiente, cercando di stabilire – proprio attraverso il monitoraggio del lavoro delle api – con maggiore attendibilità e precisione quali siano le aree effettivamente inquinate, così che, a priori, non tutta l’economia del settore agroalimentare nella Terra dei Fuochi venga danneggiata. Tutto ciò, consapevoli del fatto che “l’ape – dichiara Raffaele Cirone, presidente nazionale della FAI, Federazione Apicoltori Italiani – è un’efficientissima sentinella del territorio e l’apicoltore è colui che garantisce la perfetta efficienza e la capillare dislocazione di questo delicato sistema di raccolta dati”.
L’utilità delle api (e del loro monitoraggio) per la tutela ambientale, come nel progetto che coinvolge la Terra dei Fuochi, riaccende l’attenzione su un fenomeno che ha tenuto banco negli ultimi mesi: quello della moria di questi insetti. Un problema che riguarda principalmente i Paesi dell’Europa centrale e meridionale, raggiungendo punte del 53 per cento di mortalità. Tutto ciò per colpa dei pesticidi e dei fitofarmaci, in particolare i neocotinoidi, proprio di recente vietati dall’Ue con il reg. CE 485/2013 e dall’Italia con il D.M. del 25 giugno 2013, nella speranza di riuscire a salvaguardare questi preziosissimi insetti.