“Benvenuti al Nord”: la fuga dei cervelli al Sud comincia già dopo le superiori. Il trend registrato dall’undicesimo Rapporto sulla stato del sistema universitario italiano del Cnvsu non dà adito a dubbi: l’emorragia di studenti registrata nell’ultimo triennio ammonta a 70.278 diplomati che hanno preferito lasciare Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Molise, Basilicata e Sardegna.
I dati registrati dal Comitato nazionale di valutazione nel suo “censimento” parlano di un trend ormai consolidato, che si giustifica soltanto in parte con la legittima aspirazione dei giovani a lasciare il territorio di origine per fare esperienze diverse in altre regioni d’Italia o addirittura all’estero.
La reputazione non sempre eccelsa degli atenei meridionali, la disoccupazione altissima tra giovani e donne del meridione e più in generale la situazione di crisi che penalizza regioni già storicamente in difficoltà hanno probabilmente pesato molto nel convincere giovani appena usciti delle superiori e le loro famiglie a scegliere atenei del Centro e del Nord del Paese. Anche se c’è da dire che non si registra un calo degli iscritti negli atenei meridionali, dove il numero di nuovi immatricolati resta sostanzialmente stabile, anche complice la mancanza di alternative in termini occupazionali.
Così, solo nell’ultimo anno censito, il 2008-2009, in Puglia si contano 7.551 giovani iscritti in università di altre regioni, mentre da fuori sono arrivati solo 1.126, con un saldo migratorio di 6.425 matricole. Segue la Campania con 5.674 studenti partiti e 1.263 arrivati (il saldo è di 4.411), mentre in Calabria a fronte dei 5.720 andati via ne sono giunti soltanto 340, con un saldo di 5.380. Ben 2.455 gli studenti che in un anno hanno lasciato la piccola (e con pochi abitanti) Basilicata, mentre dal Molise sono andati via in 1.662 in tre anni.
Decisamente opposto invece il saldo migratorio studentesco della Regione Abruzzo, storicamente sede universitaria, con 7.947 neo-universitari “immigrati”. Trend che non si dovrebbe modificare di molto dal momento che, dopo il sisma del 6 aprile 2009, sono stato introdotti incentivi in termini di rette molto basse per chi si iscrive all’Università dell’Aquila.
A ospitare la maggior parte delle carriere dei giovani meridionali sono nell’ordine il Lazio, che solo nell’anno accademico 2008/2009 ha ospitato 10.190 ragazzi del Sud, poi c’è l’Emilia-Romagna con 9.143 e la Lombardia, dove ne sono arrivati 7594. Molti di questi, negli anni, come registra puntualmente lo Svimez, diventeranno “cittadini residenti” portando energie, risorse e idee al Centro e al Nord dal Paese, con il Mezzogiorno che rischia di continuare a farne le spese.
Perche9 inserire il nuemro di fuori-sede fuori regione fra gli indicatori di qualite0? Non pensate che universite0 site logisticamente in zone pif9 scomode e meno attrattive per definizione ne siano svantaggiate (per colpe non loro)?Ancora: il dato Occupati non de0 ancora ulteriore vantaggio alle universite0 del Nord sebbene non siano certamente esse a determinare l’economia, ovviamente pif9 ricca, delle zone in cui si trovano?Trovo questi due indicatori ingiusti e francamente penalizzanti nei confronti delle universite0 del Sud. E poi, per la mia esperienza, definire la qualite0 di un ateneo intero e8 troppo vago: nella stessa universite0 vi puf2 essere una facolte0 d’eccellenza ed una facolte0 messa male, magari appena nata o mal gestita.
Definire “cervelli” persone che si iscrivono all’Università, mi sembra del tutto improprio…potrà essere vero in qualche caso, ma nella maggioranza dei casi sono semplicemente ragazzi provinciali che sognano la vita delle grandi città dove possono vivere liberi e senza il condizionamento dei genitori…la ritengo una moda che è anche abbastanza sbagliata, perchè sottrae studenti ad Università del sud che non sono sempre così pessime, e d’altro lato arricchisce il mercato (che nel 90% dei casi è nero) degli affitti