Tra una riforma e l’altra, tra un decreto legge e un emendamento, quanta fiducia è rimasta agli studenti italiani nei confronti dell’università pubblica? E quanta, invece, ne nutrono nell’università privata? E, se non ci fosse l’ostacolo economico dettato dagli alti costi degli atenei non statali, dove preferirebbero iscriversi? Queste le domande cui ha tentato di dar risposta un sondaggio dell’Osservatorio Giornalistico Mediawatch commissionato dall’Istituto Privato Universitario Svizzero (IPUS).
Dai risultati è emerso che c’è una maggior fiducia nell’università privata, per la quale – potendo scegliere – i giovani italiani opterebbero con più probabilità. Sul campione di 1.115 diplomati di ogni parte d’Italia intervistati tramite e-mail, infatti, il 78 per cento ha dichiarato che preferirebbe iscriversi a un ateneo privato, mentre solo il 22 per cento ha indicato l’università pubblica italiana come prima scelta.
Le motivazioni? La maggior fiducia accordata dagli studenti italiani all’università privata deriverebbe soprattutto dai maggiori sbocchi professionali (65 per cento) offerti. Ma molti hanno indicato anche come criteri di scelta la qualità degli insegnamenti (21 per cento) e le strutture dell’ateneo (14 per cento). Tra chi invece ha dato la propria preferenza all’università pubblica, il 43 per cento ha indicato come plus le migliori strutture, il 32 per cento gli sbocchi professionali e il 25 per cento la qualità degli insegnamenti.
“Abbiamo deciso di commissionare questo sondaggio per capire quali siano le sensazioni dei giovani studenti italiani verso il mondo dell’università” ha spiegato Giampiero Camurati, rettore dell’IPUS. “Questi dati confermano che le nuove generazioni tengono anche conto dell’estrema burocrazia formale e della mancanza di connessione studi-mondo del lavoro nelle scelte che andranno a fare.”
Anche se, a giudicare dai dati relativi alle immatricolazioni, in calo progressivo da qualche anno, il dubbio, eccetto che per le famiglie con più vaste disponibilità economiche, non è tanto quello tra università pubblica e università privata, ma piuttosto: università sì o no? Insomma, il problema oggi non è la maggiore o minore fiducia negli atenei statali o in quelli non statali, ma fare i conti con il proprio portafogli. Così, quello che è un investimento sul futuro, ma anche un impegno economico non trascurabile – anche con borse di studio e agevolazioni varie – complici la crisi, la disoccupazione e la sfiducia nel futuro, attrae sempre meno.