Un volo dal sesto piano che l’ha uccisa quasi sul colpo. È morta così la 23enne che alle 19.00 di ieri si è gettata dalla scala antincendio di Palazzo Nuovo, storica sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino. La studentessa suicida è deceduta poco dopo l’arrivo dei soccorritori, che – a causa della violenza dell’impatto – non hanno potuto fare nulla per salvarla. Addosso alla giovane sarebbe stato trovato un biglietto nel quale era espressa la volontà che i suoi organi fossero donati dopo il decesso, senza però alcun riferimento ai motivi che l’hanno spinta a compiere il terribile gesto. La ragazza risiedeva a Torino, in zona Regio Parco.
Le cause del suicidio della studentessa sono sconosciute e le ipotesi si moltiplicano, anche se si esclude che alla base dell’atto vi sia l’insuccesso negli studi, visto che dalle testimonianze di coloro che sono intervenuti sul posto è trapelato che sul libretto della ragazza, ritrovato nella sua borsa, ci sono solo voti alti. Restano invece aperte altre piste, tra cui quella della delusione amorosa e quella della depressione.
Secondo alcuni testimoni, la studentessa suicida si sarebbe gettata dalla scala antincendio che dà sul cortile interno di Palazzo Nuovo. La giovane non sarebbe morta sul colpo, ma sarebbe rimasta in agonia per alcuni minuti, fino all’arrivo del 118. I sanitari intervenuti sul posto, tuttavia, hanno subito constatato che le sue condizioni erano disperate e non sono nemmeno riusciti a trasportarla in ospedale, ma si sono limitati a constatarne il decesso.
Quello della studentessa suicida dell’Università di Torino non è un caso isolato. Già in passato altri atenei italiani sono stati teatro di gesti estremi. Appena l’anno scorso, ad esempio, un giovane si era tolto la vita gettandosi nella tromba delle scale dell’edificio D del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università di Padova. Ma il caso più clamoroso risale al settembre 2010, quando un dottorando dell’Università di Palermo – Norman Zarcone – decise di farla finita buttandosi dal settimo piano dell’edificio della facoltà di Lettere e Filosofia, in un atto di disperazione dettato dalla paura di un futuro incerto.