Una studentessa di religione musulmana ha fatto richiesta all’Università di Torino di disporre di uno spazio riservato alla preghiera nei locali dell’ateneo. La giovane di origine turca si è iscritta per la specialistica alla facoltà di Scienze dell’Università di Torino e prima di lasciare il suo Paese ha voluto verificare con gli uffici dell’ateneo la disponibilità di uno spazio dove recarsi per pregare almeno tre volte al giorno.
Ora si attende che dall’Università di Torino giunga una risposta alla studentessa musulmana, che chiede di avere garanzie sul suo diritto a praticare la sua fede religiosa assieme agli studi presso l’ateneo. I vertici dell’Università di Torino hanno subito assicurato che avrebbero individuato senza dubbio uno spazio adeguato: il prorettore Sergio Roda ha assicurato che l’ateneo riuscirà a salvaguardare l’equilibrio tra la laicità dell’istituzione universitaria e il diritto della persona a professare una religione.
Alla notizia ha reagito con una posizione molto dura Mario Carossa, presidente dei consiglieri leghisti alla Regione Piemonte. Per Carossa la richiesta delle studentessa musulmana all’Università di Torino è un’esagerazione. “Cosa c’entra l’Università di Torino con la preghiera? chiede spiegando che nell’ateneo non esistono neanche cappelle per gli studenti cattolici.
Per il consigliere leghista la ragazza può scegliere una delle tante scuole coraniche del mondo arabo o, se vole studiare a Torino, frequentare l’università e poi recarsi per la preghiera “in uno dei tanti luoghi che già ci sono o che l’Assessore all’Islam Ilda Curti vuole far costruire a Torino”.
Il caso della studentessa turca apre la riflessione su una questione che diventerà sempre più urgente affrontare: nelle università torinesi (peraltro già alle prese con i timori legati al caso di una studentessa affetta da tubercolosi) ad esempio gli studenti stranieri sono in progressivo aumento e proprio nel capoluogo piemontese per affrontare casi del genere un ospedale pubblico ha creato la “stanza del silenzio” un luogo appartato e senza insegne religiose dove chiunque voglia può pregare il proprio dio.
La ragazza NON ha la mente aperta: che preghi a casa sua. La questione non si pone nemmeno.