Tra i dinosauri c’erano anche degli abili nuotatori. È la conclusione alla quale è giunto il team internazionale di paleontologi che in Marocco, nel deserto del Sahara, ha rinvenuto lo scheletro fossile di uno Spinosaurus aegypticus, un bestione di dimensioni perfino maggiori rispetto al famigerato Tyrannosaurus rex. Con una caratteristica che lo rendeva davvero speciale e gli consentiva di trovarsi più a proprio agio in acqua che non sulla terraferma: una specie di pinna dorsale a forma di vela.
L’esistenza dello Spinosaurus aegypticus era già nota da circa un secolo, ma la scoperta dei paleontologi rimane comunque straordinaria perché le caratteristiche precise dell’animale preistorico erano avvolte nel mistero. Il dinosauro nuotatore visse nel Cretaceo, circa 95 milioni di anni fa, ed era un animale molto particolare: straordinariamente lungo (tre metri più di quello del Tirannosauro), aveva la testa abbastanza piccola (in proporzione), gli arti corti e sul dorso una grossa “pinna”, quasi una specie di vela.
La funzione di quest’ultima? Per decenni si è creduto servisse a riscaldare il dinosauro, agendo come una sorta di pannello solare, ma adesso gli scienziati sono più propensi a credere che si trattasse di un segno distintivo sessuale, un po’ come la cresta dei galli. A convincere i paleontologi della natura di nuotatore dello Spinosaurus aegypticus è, però, un altro elemento: le sue ossa erano dense e quasi prive di cavità midollare, come quelle dei pinguini, caratteristica che contrasta il galleggiamento e avrebbe consentito all’animale di muoversi a proprio agio nell’acqua.
Il rinvenimento di questo scheletro di Spinosaurus aegypticus ha consentito di farsi un’idea molto più precisa di come fosse effettivamente, perché finora gli altri ritrovamenti ci avevano consegnato solo resti molto poveri. I più importanti dei quali, peraltro, erano andati del tutto distrutti durante la Seconda Guerra mondiale. La fisionomia dell’animale era stata solo ipotizzata, dunque. Grazie agli scavi del team di paleontologi, finanziati dalla National Geographic Society, si è riusciti a tracciarla, invece, in maniera molto precisa.
Di questo lavoro si è occupato un italiano, Marco Auditore, che ha curato la ricostruzione in digitale. Alla scoperta dello scheletro dinosauro nuotatore, però, hanno contribuito anche altri nostri connazionali: i paleontologi Matteo Fabbri della Università di Bristol, Dawid Iurino della Sapienza di Roma, Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso, entrambi in forza al Museo di Storia Naturale di Milano.