C’è crisi e crisi, ma quella degli ultimi due anni sembra essere caduta soprattutto sulle spalle dei giovani, che dopo la laurea si trovano sbarrato l’accesso ad una carriera con la “C” maiuscola, vale a dire la possibilità di avere un buon contratto di lavoro, con una retribuzione dignitosa. Ma soprattutto l’opportunità di svolgere un’attività coerente con il percorso di studi appena terminato.
Cosa dovrebbe fare, allora, l’università per attutire il peso della crisi sui giovani? Dopo lo sconfortante quadro emerso dall’ultimo rapporto di Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, lo chiediamo ai lettori di Universita.it con un sondaggio.
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Le università dovrebbero ritornare a svolgere la loro funzione principale di insegnare con dedizione.
Non università piccoli stati multinazionali che estendono i tentacoli ovunque, altrimenti, se almeno prima si aveva la speranza di potersi inserire nella società usciti dai tentacoli del mondo universitario, da quì a poco non si potrà fare nemmeno quello, perchè i baroni comanderanno le sorti delle persone, a loro piacimento, anche fuori dall’ università.
Poi c’è da investire in ricerca che ha un futuro, ricerca seria, non cavolatine, vicoli ciechi autoreferenziali, perchè altrimenti sarà matematico che gli studenti usciti dall’ università si ritroveranno senza lavoro.
I settori di ricerca su cui investire dovranno essere scelti in sintonia con chi si impegnerà ad assumere i giovani che studiano quegli argomenti.
E si devono preoccupare soprattutto per il fatto che se le cose non miglioreranno ormai i giovani hanno gli occhi aperti ed andranno a studiare in altri paesi dove le cose funzionano meglio.
Nelle università italiane, soprattutto al sud funziona così:
se si accorgono che sei una persona viva, capace intelligente invece di portarti avanti ti stroncano mettendoti un voto basso e fanno di tutto per farlo.
Non vogliono persone che possano fargli ombra perchè ci tengono a primeggiare altrimenti perderebbero il bottino dei finanziamenti per la ricerca, quindi eliminano i potenziali concorrenti alla base.
Non si valorizza e stimola le persone.
Non ti danno confidenza, cercano di isolarti fanno cioè il contrario di quello che dovrebbero.
Si crea una sorta di rivalità tra professore e persona intelligente, come il cane che mangia e ringhia a denti stretti all’ altro cane che si avvicina al pasto.
Tanti ragazzi arrivano dalle superiori bravi e poi all’ università li appiattiscono, per poi riemergere nel mondo del lavoro, ma non all’ università.
Sarei curioso di una mappatura completa dell’ andamento degli studenti.
Come spiegare che persone sempre brave dalle elementari, medie, superiori(liceo), sempre tra i migliori all’ università si perdono?
e poi di nuovo nel mondo del lavoro emergono?
come spiegare che persone sempre mediocri, elementari, medie, superiori(non liceo),
all’ università sviluppano l’ intelligenza e si laureano col massimo subito, e fanno carriera universitaria, ma tolti da quell’ ambiente non valgono niente?
Io sono convinto che l’ intelligenza innata delle persone è visibile nei primi anni di scuola, nelle elementari, lì si vedono i bambini più intelligenti tra i loro coetanei.
Mi piacerebbe una mappatura del prima e del dopo università.
Secondo me in Italia c’è tanta gente intelligentissima che non viene portata a galla anzi viene decapitata sprattutto in ambito universitario. Negli altri livelli d’ istruzione non c’è rivalità tra professore e alunno ma all’ università si.
Poi però con figli, mogli, parenti, amici,o figli di persone che possono servire per la loro carriera personale la suonata cambia, 30 e lode.
Insomma nessuno ti dice lavati la faccia che sei più bello di me, però allo stesso tempo impastano di trucco e profumi ciambelle mal riuscite.