riforma università settimana mobilitazione
Una
settimana di mobilitazione che vedrà coinvolti tutti gli atenei italiani, quella che si apre lunedì prossimo, 17 maggio, e che conterà sulla protesta congiunta di studenti, ricercatori e docenti a livello nazionale. Al centro delle manifestazioni, che andranno avanti fino a sabato 22 maggio, il
ddl Gelmini di riforma del sistema universitario.
Da
lunedì i ricercatori incroceranno le braccia e scenderanno dalle cattedre con la sospensione della didattica. Previste per
martedì 18 occupazioni in tutti i rettorati dello stivale.
Mercoledì 19 presidio nazionale davanti al Senato a Roma.
Le
ragioni della protesta, che è stata concordata da una grande rete di organizzazioni e associazioni legate all’Università, sono connesse ai
tagli previsti dal governo per gli atenei (in parte già attuati e in parte da eseguire nei prossimi due anni accademici). Gli organizzatori fanno riferimento alla grave situazione finanziaria degli atenei italiani – messa in luce dall’
allarme dei rettori a febbraio – che, dal prossimo anno accademico, rischiano di non poter nemmeno pagare gli stipendi al personale.
Forte tra le motivazioni, anche la condizione dei
ricercatori che non si sentono debitamente riconosciuti dal ddl in discussione al Senato, e che in questi mesi hanno dato via al cosiddetto
sciopero bianco, con la sospensione dei corsi che sta costituendo un vero e proprio rischio per l’intero sistema della didattica universitaria.
“Il Disegno di Legge Gelmini in discussione al Senato – aggiunge inoltre
Flc-Cgil, sindacato promotore della settimana di manifestazione – rappresenta una vera e propria controriforma destinata a mutare radicalmente il funzionamento e la missione dell’Università” il riferimento esplicito va anche stavolta allo stravolgimento della natura pubblica dell’istruzione, alla scarsa attenzione al
diritto allo studio, alle risorse, al rischio che l’università diventi un lusso per pochi e un luogo in cui sacrificare meriti e talenti.
La mobilitazione vedrà coinvolti studenti e ricercatori, ma anche docenti, precari, lettori e personale tecnico-amministrativo degli atenei.
Mio figlio laureato 110 e lode, per fare carriera universitaria è dovuto andarsene all’ estero, in Italia non c’ era posto per lui.
Ricordo quando ha fatto il concorso in Italia, è tornato a casa e mi ha detto: ”non mi sono presentato mi hanno fatto capire che il posto era di un’ altro”.
Quante persone sono entrate cosi?
ed ora dove sono?