Uno studio, pubblicato sul giornale scientifico Genome Research, ha rivelato come la proteina NF-Y scoperta nei laboratori dell’Università Statale di Milano sia complice nello sviluppo dei tumori. La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto Encode – guidato dal National Genome Research Institute (Nhgri) e dallo European Bioinformatics Institute (Embl-Ebi) – e vede, oltre alla partecipazione di un team di ricercatori dell’ateneo milanese, anche la collaborazione dell’Università di Harvard.
Già da molti anni si studia la proteina NF-Y presso il Dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano: nel 2012 si è scoperto che ha un ruolo fondamentale nella totipotenza – vale a dire la capacità di svilupparsi all’interno di un intero organismo e perfino in tessuti extra-embrionali – delle cellule staminali embrionali, mentre lo scorso gennaio si è riusciti a identificare la struttura della proteina e la funzione che ha nella regolazione epigenetica (branca della genetica che studia alcuni tipi di modificazioni ereditabili). Adesso si sa, anche, che è complice dell’insorgere dei tumori.
“Lo studio – spiegano dall’Università Statale di Milano – chiarisce la strategia globale attraverso cui la proteina NF-Y interviene nella regolazione genomica, evidenziando in particolare due aspetti ricchi di implicazioni”. Il primo riguarda l’individuazione di un gruppo di “amici stretti” di NF-Y nelle strategie genomiche, che nelle versioni geneticamente alterate diventano dei veri e propri oncogeni. Il secondo aspetto, invece, si riferisce alla capacità di questa proteina complice dei tumori di entrare in contatto con il Dna, sia in zone dove la cromatina è attiva sia in quelle in cui è repressa.
In poche parole, stando a questo studio, la NF-Y permetterebbe ai fattori che stimolano la trasformazione tumorale l’accesso a zone cromatiniche, vietate nelle cellule normali. Ciò spiegherebbe perché questa proteina e i suoi “amici stretti” vengano intercettati vicino ai geni la cui espressione è presente solo, o aumentata rispetto alla norma, in caso di cancro. Grazie a questa scoperta, quindi, è possibile adesso realizzare dei nuovi farmaci, capaci di frenare – anche solo in parte – il processo di sviluppo tumorale.