Grazie a una ricerca nata dalla collaborazione tra la Harvard Medical School di Belmont – che si trova a Boston – e il laboratorio di Post-genomica funzionale e ingegneria proteica del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della vita dell’Università dell’Insubria (sede di Varese), si è riusciti a identificare la molecola che scatena la paura. Adesso tale scoperta potrebbe aprire nuovi orizzonti in medicina, aiutando a trovare terapie alternative per pazienti affetti da particolari e gravi patologie.
Tentando di chiarire l’importanza e il ruolo di due molecole – la D-serina e la glicina – nell’attivazione dei recettori NMDA e di conseguenza di una serie di funzioni fondamentali del cervello, gli scienziati si sono concentrati su una parte specifica di esso, ovvero l’amigdala, adibita alla gestione delle emozioni e in particolare della paura. Ne è emerso che in condizioni normali il ruolo di modulatore del recettore NMDA viene svolto dalla D-serina, mentre nello stato di eccitazione della sinapsi la stessa funzione è svolta dalla glicina.
“Chiarire il ruolo dei neuromodulatori, ossia le molecole che agiscono su diverse regioni del cervello rendendoci quello che siamo, ci aiuterà – spiega il professore Loredano Pollegioni, direttore del centro di ricerca interuniversitario – a capire questo organo e a trovare nuove terapie per pazienti affetti da importanti patologie come la schizofrenia, il disturbo bipolare o il dolore neuropatico”. La ricerca che ha permesso di individuare la molecola della paura, pubblicata lo scorso aprile sulla rivista statunitense Nature Communication, segue altre due recenti e importanti pubblicazioni.
In particolare, lo scorso mese, un studio condotto insieme all’Università Cattolica di Roma ha evidenziato come alla basa dei danni cerebrali dovuti all’abuso di cocaina ci sia un abbassamento dei livelli della molecola D-serina, mentre alcuni esperimenti di elettrofisiologia effettuati nella regione CA1 dell’ippocampo – i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell – hanno dimostrato come l’attività dei recettori NMDA nello spazio sinaptico ed extrasinaptico sia regolata sia dalla D-serina sia dalla glicina. Per la realizzazione di queste ricerche sono stati messi a punto specifici enzimi, in grado di riconoscere in maniera selettiva i diversi neuromodulatori.