#ScienceBulletChallenge, campagna 3.0 dei ricercatori precari
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#ScienceBulletChallenge, una campagna per accendere i riflettori sulla condizione dei ricercatori precari

da | Ott 2014 | News | 0 commenti

Coinvolgere quante più persone possibile, per riportare in primo piano la difficile condizione dei ricercatori precari: è questo l’obiettivo dello #ScienceBulletChallenge. Dopo l’#IceBucketChallenge, che ha impazzato per tutta l’estate coinvolgendo sia persone comuni che personaggi famosi, la nuova campagna, che attraverso i canali del web 3.0 spera di diventare virale, parte dall’Italia.

Sono stati alcuni ricercatori dell’Università “La Sapienza” di Roma ideare l’iniziativa e il relativo hashtag. Per partecipare allo #ScienceBulletChallenge occorre girare un video nel quale si viene colpiti e fatti sparire da un “bullet”, cioè un proiettile qualsiasi (lanciato da sé stessi o da qualcun altro), per rappresentare i colpi che da anni si abbattono sulla ricerca e stanno portando alla scomparsa della figura del ricercatore.

I dati in merito parlano abbastanza chiaro: secondo le stime dell’indagine ‘Ricercarsi 2014’ di FLC CGIL, infatti, negli ultimi dieci anni appena il 6,7 per cento dei precari è stato assunto, con la conseguenza che il 93,3 per cento di loro si è dovuto accontentare di contratti a tempo determinato o assegni di ricerca. Ma c’è anche chi sta peggio. Sono i borsisti, che non rientrano mai nelle indagini e che devono fare i conti con l’assenza pressoché totale di tutele, che nel concreto significa niente contributi previdenziali, niente malattia, niente maternità. E ad ogni riforma le cose vanno sempre peggio.

La campagna #ScienceBulletChallenge è nata proprio per ricordare all’opinione pubblica che non esistono solo i cervelli in fuga, ma che tanti dei nostri migliori giovani non si arrendono allo stato delle cose e lavorano sodo, facendo grandi sacrifici, negli atenei di casa nostra. Tutto questo per preservare le poche eccellenze rimaste, pur sapendo bene che ciò che li attende è un futuro di precariato.

Lo #ScienceBulletChallenge denuncia un problema importante, cioè il progressivo disinteresse dello Stato per la ricerca pubblica e, di conseguenza, il ruolo sempre più importante che  fondazioni e altri soggetti privati assumono nel finanziare studi e sperimentazioni. Questo, denunciano i promotori dell’iniziativa, fa sì che si inneschi “la trappola della deregolamentazione“, la quale costringe i ricercatori a una vita senza diritti. Ma non solo: visto che, grazie al sostegno privato, tutto sommato il sistema della ricerca non è ancora collassato, lo Stato si convince della possibilità di fare nuove riforme, sempre più indirizzate al disimpegno del pubblico.

La sfida dello #ScienceBulletChallenge nasce sulla scia dell’#IceBucketChallenge anche per questo: la campagna sulla SLA, infatti, invitava i singoli a donare donare a un soggetto privato, a riprova di quanto lo Stato stia disinvestendo nella ricerca. A discapito di tutti noi.

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