Qual è l’ateneo italiano del quale si parla con maggiore frequenza sui social? Se lo sono chiesti quelli di Voices from the Blogs, che per scoprirlo hanno realizzato uno studio nel corso del quale hanno analizzato più di 236mila tweet pubblicati tra gennaio e l’inizio di luglio 2017. Quello che ne è venuto fuori è che l’università citata più spesso su Twitter è la Sapienza di Roma.
Sul podio degli atenei più menzionati sui social ci sono anche il Politecnico di Milano e la Cattolica, rispettivamente al secondo e al terzo posto. Nella top ten degli atenei più spesso nominati su Twitter ci sono poi, nell’ordine, l’Università di Torino, la Bicocca di Milano, l’Università di Padova, la Bocconi, l’Università di Roma “Tor Vergata”, la Federico II di Napoli e la Statale di Milano.
I risultati completi dell’indagine saranno pubblicati in autunno, ma le prime anticipazioni rese note mostrano che le citazioni sui social media provengono per lo più dagli stessi atenei (nel 36 per cento dei casi) e dalla stampa (23 per cento). Meno inclini a parlare delle università sono, invece, gli studenti, ai quali può essere ricondotto solo il 9 per cento dei tweet nei quali è citato un ateneo.
Per quanto riguarda il tenore dei messaggi pubblicati sui social si scopre che nel 70 per cento degli stessi si fa riferimento a un’università in modo del tutto neutro, senza esprimere alcun tipo di giudizio, poiché lo scopo del tweet è rendere noti eventi e appuntamenti organizzati presso una determinata istituzione. I dati raccolti mostrano che nel 19 per cento dei tweet sono, invece, contenuti giudizi positivi, mentre solo nell’11 per cento dei casi il commento pubblicato è negativo.
Tra i tweet che contengono giudizi favorevoli, la maggior riguarda laboratori, attività extra-curricolari, eventi culturali e scientifici e varie altre iniziative. Il 16 per cento, tuttavia, è riferito alle capacità dei docenti, al livello della ricerca e all’offerta didattica. Quando si menziona negativamente un ateneo sui social, invece, nel 22 per cento dei casi lo si fa per sottolineare carenze nelle strutture oppure (nel 9 per cento dei tweet) nella didattica o, ancora, (nel 7 per cento dei messaggi) una scarsa internazionalizzazione.