La protesta dei ricercatori contro il ddl di riforma del sistema universitario – il cosiddetto sciopero bianco iniziato nei mesi invernali – ha ricevuto nelle ultime settimane l’appoggio di docenti e rettori che si sono detti pronti a condividerne le motivazioni e i significati. Ora però resta un problema, quello della didattica. Il nuovo anno accademico è alle porte e i maturandi tra pochi giorni saranno chiamati alla fatidica scelta del corso di laurea, senza che ancora sia arrivato dal Miur un documento completo dell’offerta formativa per l’anno 2010-2011.
Il piano dell’offerta formativa, già prorogato al 15 giugno, infatti, non è ancora stato reso pubblico dal ministero. E proprio in questi giorni i rettori cominciano a preoccuparsi su come organizzare le attività didattiche dell’anno entrante. Anche perché, è difficile per una matricola scegliere un corso di laurea senza sapere prima quali saranno di preciso le materie da studiare e gli esami da sostenere.
Di questa opinione è anche il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Aldo Tommasi, che a seguito di una delibera approvata ieri dal senato accademico si è sentito in dovere di sottolineare che le preoccupazioni dei ricercatori sono legittime ma bisogna pensare anche a studenti e famiglie, impegnati nei prossimi giorni a decidere l’università giusta a cui iscriversi. Non si può disorientare studenti e famiglie, ha detto il rettore, in un momento in cui l’orientamento diventa un vero e proprio servizio.
Parole, quelle del prof. Tommasi, che rivelano una preoccupazione condivisa dai colleghi degli altri atenei. Sempre di più sono infatti i ricercatori di tutta Italia, che per protesta contro il disegno di legge di riforma che ne svalorizza il ruolo nell’Università pubblica, hanno deciso di rinunciare alla didattica nel prossimo anno accademico. Un’azione che metterebbe a dura prova il sistema delle lezioni e degli esami universitari.
Questo è il motivo per cui, per esempio, il rettore dell’UniMoRe ha deciso di chiedere ai presidi di facoltà di raccogliere le adesioni dei ricercatori che faranno didattica il prossimo anno. L’ennesima dimostrazione che la didattica universitaria si regge per buona parte proprio sul lavoro dei ricercatori pubblici.
Claudia Bruno