Temperature sempre più elevate potrebbero compromettere la nostra catena alimentare, soprattutto la produzione di cibo che deriva dai sistemi di acquacoltura. Secondo uno studio britannico, condotto dall’Università Queen Mary di Londra e da quella di Liverpool, a causa del riscaldamento climatico gli animali acquatici diventano sempre più piccoli e ciò avviene in misura nettamente superiore rispetto a quelli terrestri. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas).
“Dal momento che i pesci e altri organismi acquatici forniscono 3 miliardi di persone e costituiscono almeno il 15 per cento dell’apporto di proteine animali – spiega Jack Forster, dell’Università Queen Mary – il nostro lavoro sottolinea l’importanza di capire come il riscaldamento in futuro influenzerà le specie che vivono negli oceani, nei laghi e nei fiumi”. Lo studio è stato condotto, prendendo in esame ben 169 generi di animali sia di terra sia di acqua: questi ultimi, per l’appunto, a causa del caldo sembrerebbero diventare sempre più piccoli, molto di più rispetto a quanto facciano i primi.
In genere – tiene a precisare un altro autore dello studio, Handrew Hirst, sempre dell’Università Queen Mary di Londra – a causa dell’aumento delle temperature “le specie acquatiche si rimpiccioliscono del 5 per cento per ogni grado di riscaldamento e gli animali che vivono sulla terraferma si riducono in media di solo mezzo punto percentuale”. In particolare, gli animali acquatici si restringono fino a dieci volte di più di quelli terrestri, anche se questa differenza così marcata vale solo per gli organismi più minuti come pesci e insetti.
“Per soddisfare le esigenze in materia di ossigeno a temperature più elevate – chiarisce David Atkinson dell’Università di Liverpool – le specie acquatiche hanno meno opzioni”. Da qui la tendenza di questi animali, con il passare del tempo e per via del surriscaldamento globale, a diventare sempre più piccoli in modo da bilanciare la domanda con l’offerta di ossigeno. Secondo i ricercatori britannici, infatti, la causa di questa differenza di restringimento tra specie acquatiche e terrestri è dovuta quasi certamente alla minore presenza di ossigeno nell’acqua rispetto all’aria.
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