L’iter di approvazione è stato travagliato ma alla fine l’Aula di Montecitorio ha licenziato il provvedimento in seconda lettura. Ma quali sono i contenuti del disegno di legge sull’università che ora attende il via definitivo da Palazzo Madama? Le parole chiave annunciate dal ministro dell’Istruzione Gelmini sono lotta agli sprechi, basta con “parentopoli” e mai più rettori a vita.
QUALITÀ. La riforma dell’università passata alla Camera, spiegano al dicastero, è il primo provvedimento organico che mette mano alla revisione dell’intero sistema universitario e affianca al principio dell’autonomia quello della responsabilità. Il ministero garantisce che con la riforma è stata scritta la parola fine ai finanziamenti indiscriminati, mentre solo la qualità e l’efficienza saranno “ricompensati” con l’attribuzione di fondi.
ETICA. Meritocrazia e trasparenza sono i criteri che la riforma dell’università appena approvata in seconda lettura alla Camera promette di valorizzare, sia nel reclutamento del personale che nella governance. Per la prima volta c’è un divieto di partecipare ai concorsi nel caso di parentele fino al quarto grado (ma sul punto l’Italia dei valori contesta che in realtà il limite è stato depotenziato) e un codice etico servirà a garantire la trasparenza nel reclutamento del personale e in generale nella gestione degli atenei.
NO AI RETTORI A VITA. Sul fronte della gestione va evidenziato un altro punto chiave della riforma: il commissariamento degli atenei in dissesto finanziario. E se attualmente è la singola università a stabilire la durata in carica dei rettori, con il via libera al provvedimento di riforma dell’università il mandato sarà unico e limitato a sei anni.
BUONA GESTIONE. Snellimento anche nella distinzione tra Senato accademico e consiglio di amministrazione, finora spesso in sovrapposizione. La riforma Gelmini approvata alla Camera prevede competenze del tutto distinte, legate alla didattica e agli aspetti scientifici per il Senato accademico e alla gestione contabile e amministrativa per il cda, con l’introduzione di un direttore generale al posto della figura meramente esecutiva del direttore amministrativo.
VALUTAZIONE. Altro punto chiave della riforma Gelmini approvata alla Camera è la maggioranza di membri esterni nella commissione di valutazione, oggi composta soltanto da docenti interni. Saranno poi anche gli studenti a valutare i prof con un’opinione che, garantisce il ministro Mariastella Gelmini, peserà molto sullo stanziamento di fondi pubblici in favore dell’ateneo.
ACCORPAMENTI. Per ridurre i costi, poi, più atenei vicini potranno fondersi o federarsi e comunque saranno ridotti i settori scientifico-disciplinari per evitare di “dare troppo potere a cordate ristrette”. Anche le facoltà subiscono un dimagrimento numerico: con la riforma Gelmini passata in seconda lettura potranno essere al massimo 12 per ateneo.
RECLUTAMENTO. Il provvedimento introduce una sorta di albo nazionale cui si accede previa abilitazione “sulla base di specifici parametri di qualità”: ai concorsi banditi dai singoli atenei potranno accedere solo gli appartenenti all’albo. Per gli scatti stipendiali dei docenti, invece, non basterà più l’anzianità di servizio ma sarà valutata la qualità dell’insegnamento e dei lavori di ricerca prodotti.
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Come si può tradurre il concetto “Sul fronte della gestione va evidenziato un altro punto chiave della riforma: il commissariamento degli atenei in dissesto finanziario. E se attualmente è la singola università a stabilire la durata in carica dei rettori, con il via libera al provvedimento di riforma dell’università il mandato sarà unico e limitato a sei anni” in “NO AI BARONI”?
I “Baroni” non sono necessariamente Rettori, magari qualche barone può essere trovato come preside di facoltà.
Anzi, con le norme concorsuali (esempio per Ricercatore Universitario) in vigore, la commissione deve essere composta di soli professori ordinari, mentre prima era composta da un prof ordinario, uno associato e un ricercatore. Non mi pare che possa esser vista come una limitazione al potere baronale, anzi…