Negli ultimi mesi, il panorama universitario italiano è stato scosso da una serie di proteste ed agitazioni nei confronti della riforma Bernini ed i tagli che sono previsti verso il sistema universitario. Con i tagli previsti alle risorse economiche si rischia di mettere in ginocchio moltissimi atenei, con gravi conseguenze non solo per il funzionamento delle strutture, ma soprattutto per il futuro di molti studenti.
In questo articolo andremo ad analizzare la situazione e le eventuali conseguenze economiche e sociali dei tagli previsti dalla riforma Bernini.
La situazione attuale dei tagli
Il fatto che lascia tutti turbati è la riduzione dei finanziamenti destinati ai sistemi universitari italiani. Stando a quanto riportato dalle società scientifiche, la situazione parrebbe estremamente critica dopo che il governo, dopo l’ultimo bilancio, ha effettuato un taglio da 500 milioni di euro. A questo si aggiunge il nuovo taglio della riforma Bernini, che prevede oltre 200 milioni di riduzione ogni anno dal 2025 al 2027.
A settembre 2023 era stato stanziato un totale di 9,03 miliardi di euro per il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), la principale risorsa economica per finanziare gli stipendi e la gestione universitaria. Ad oggi, con i nuovi tagli, il finanziamento è minore del 1,85% rispetto al 2023, quindi inferiore di circa 173 milioni di euro.
Anche se il MUR ha dichiarato che questa cifra sia comunque superiore del 21% rispetto ai fondi stanziati pre-Covid, l’assenza di ulteriori fondi potrebbe lasciare scoperte molte attività e risorse universitarie, come:
- Fondi vincolati alla ricerca
- Finanziamenti dedicati all’edilizia universitaria
- Piani straordinari per il reclutamento
La riforma Bernini crea disparità
Un altro punto della riforma Bernini molto criticato è che i tagli non sono stati uguali per tutti. Infatti, gli atenei statali risultano quasi tutti penalizzati, ma con qualche eccezione. Sei università non hanno subito riduzioni del FFO, tra cui:
- Ferrara
- Foggia
- Modena e Reggio Emilia
- Napoli Parthenope
- Padova
- Tuscia
Al contrario invece, risultano alcuni atenei particolarmente penalizzati, poiché considerati periferici e di minori dimensioni. In fonda alla classifica troviamo quindi:
- Università di Macerata (-3,21%)
- Iuav di Venezia (-3,20%)
- Napoli L’Orientale e Urbino Carlo Bo (-3.19%)
Le disparità aumentano proporzionalmente con i grandi atenei. La Sapienza di Roma, l’Alma Mater di Bologna e la Federico II di Napoli anche sono state penalizzate, vedendo sparire un’interessante fetta che supportava l’ateneo. Questo problema rischia di aumentare la differenza tra regioni e creare delle realtà in cui i sistemi universitari funzionano diversamente, penalizzando in primis gli studenti.
L’effetto della riforma Bernini su docenti e personale universitario
Un altro grave problema riguarda la situazione di docenti e personale universitario. Ad oggi circa il 40% del personale universitario è costituito da figure precarie:
- 20.000 assegnisti di ricerca
- 9.000 personale universitario a tempo determinato di tipo A
Nei prossimi tre anni è previsto che circa il 10% dei professori e ricercatori andranno in pensione. Tuttavia, il governo ha imposto un blocco del turnover al 75% della spesa precedente. Ciò significa che solo tre docenti potranno essere sostituiti ogni quattro pensionamenti. Il disegno di legge sul reclutamento aggrava ulteriormente la situazione, che prevede la moltiplicazione delle posizioni per i giovani, a cui spesso vengono assegnati contratti precari e mal retribuiti.
Le dichiarazioni del Ministro Bernini e le prospettive future
Il Ministro del MUR, Anna Maria Bernini, ha riconosciuto la gravità della situazione, definendo le proteste e preoccupazioni suscitate giuste. Bernini ha così portato la questione al tavolo del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sottolineando l’importanza dello sviluppo universitario per la nostra società. Purtroppo però, le risposte si fanno ancora attendere e senza stanziamenti aggiuntivi le università italiane rischiano di sprofondare in una profonda crisi. Questa situazione potrebbe compromettere non solo la qualità dell’istruzione, ma anche la competitività internazionale della didattica italiana.
Se l’Italia vuole competere a livello internazionale e saper garantire un futuro migliore ai giovani, è fondamentale invertire la rotta e restituire alle università le risorse di cui hanno bisogno. La battaglia per il futuro dell’università italiana è appena iniziata e gli studenti, insieme ai professori mostrano un malcontento che non può essere ignorato.