Sette atenei pubblici tra le prime dieci realtà che fanno ricerca nel nostro Paese. Nonostante i pregiudizi, i tagli e le inefficienze che spesso vengono a galla, l’università italiana si rivela quasi a sorpresa il serbatoio della ricerca e quindi dello sviluppo di nuovi studi e nuovi brevetti, tenendo testa a istituto del calibro del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Istituto nazionale di astrofisica, del San Raffaele e dell’Istituto per i tumori di Milano.
A stilare la classifica è l’associazione Virtual Italian Academy, che riunisce ricercatori italiani che operano all’estero, in particolare gli oltre 200 presenti nell’Università di Manchester, e che hanno messo in fila i centri di ricerca del Belpaese per “misurare” qualità ed efficacia dei lavori dei cervelli in essi impegnati. A guidare la graduatoria è l’Alma Mater di Bologna, seguita dal Cnr e poi nell’ordine dalle università di Milano (la Statale), Padova, Roma, Torino e, staccata di tre posizioni al nono gradino, Firenze.
Ma quali sono i criteri adottati per testare la ricerca made in Italy? Innanzitutto si misurano le scoperte più rilevanti di scienziati e ricercatori, i quali sono sottoposti a una sorta di screening curricolare che dà vita a un indice detto Tis, Top Italian Scientists. A condurre l’analisi è stato Mauro Degli Esposti, docente tossicologia molecolare alla facoltà di Scienze della vita dell’Università di Manchester, assieme ad altri membri della Via Academy proprio partendo dalla valutazione dei ricercatori presenti nella lista Tis del 2010.
L’analisi ha preso in considerazione i primi 50 istituti dei cento contenuti della lista Tis e combinando le informazioni web e personali con l’analisi computerizzata del database Tis ha dato vita alla classifica degli istituti di ricerca. I criteri penalizzano i ricercatori più giovani e gli studi non in inglese, ma grazie a Via Academy, che si propone di diventare una vera e propria “lobby della ricerca”, è stato possibile cominciare a ricostruire ed evidenziare l’eccellenza italiana e scoprire che i nostri atenei, nonostante non compaiano nelle classifiche internazionali, hanno ancora un ruolo centrale per le attività di ricerca che si svolgono in Italia.