“Abolire il valore legale della laurea”: un’affermazione senza fondamento per i ricercatori membri della Rete29aprile. Il 22 marzo il ministro dell’Università Francesco Profumo aprirà la consultazione pubblica in materia indetta dal governo pubblicando un documento sul quale aprire il dibattito. Il coordinamento dei ricercatori per un’università pubblica, libera e aperta esprime tutto il suo dissenso verso un’ipotesi che Massimiliano Tabusi, ricercatore di Geografia all’Università per stranieri di Siena e membro della Rete29aprile, respinge con forza.
“Propongono l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, da operare con legge. Ma che cosa esattamente vogliono abolire? Quale norma vogliono abrogare visto che non esiste un provvedimento che si chiama “valore legale della laurea”?”, spiega Tabusi a Universita.it. E subito aggiunge che “il governo sta ponendo tale “falso problema” per ottenere in realtà risultati diversi da quelli dichiarati”.
Quali sarebbero i veri risultati che a vostro avviso il governo intende ottenere?
Primariamente quello di creare un sistema accademico a scaglioni dove esistano università di serie A, di serie B, di serie C e così via. Realizzando un rating degli atenei italiani si dà per scontato che un laureato nell’ateneo alfa sia migliore di uno laureato nell’ateneo beta. E si tratta di un circolo vizioso: un provvedimento simile porterebbe a continuare a far funzionare male le università che hanno dei problemi. Il vero motivo di questa campagna governativa sono dunque le altre postille.
Quali di preciso oltre a quella di voler creare un rating che però è indipendente dall’eventuale abolizione del valore legale?
Il governo vorrebbe togliere la possibilità di far valere il voto di laurea. Un provvedimento del tutto controproducente per il livello dell’istruzione superiore e della ricerca italiane: se lo facessero tutti cercherebbero di completare al più presto i propri studi anche con la media del 18, gli studenti vorrebbero solamente il pezzo di carta.
Dunque voi pensate che tutti gli atenei italiani siano allo stesso livello?
Assolutamente no, è qualcosa di impossibile. Crediamo però che in Italia l’eccellenza sia diffusa, per facoltà, in tutte le università.
Vi sembra dunque giusto che un 110 uscito da un piccolo ateneo può partecipare a un concorso pubblico mentre magari un 100 di un ateneo più prestigioso e “difficile” non vi può accedere?
In questo modo si dà per scontato che in atenei differenti i docenti valutino con modalità diverse. Ma è più facile essere malvalutati in un unico esame come quello di un concorso pubblico o in una lunga serie di esami di un percorso universitario? Penso che una persona uscita con il massimo dei voti in qualsiasi ateneo sia preparata. Parlando dei concorsi pubblici, per quanto mi riguarda, potrebbero anche essere più ampi a livello numerico.
Trovate che l’eventuale abolizione sia incompatibile con gli standard diffusi in Europa?
Certo. Per esempio un laureato in economia che ora non può partecipare a un concorso per la Corte dei Conti lo potrà fare. E qui scatta un meccanismo tipicamente nostrano, quello del conflitto di interessi. Basti ricordare che il presidente del consiglio è ex presidente della Bocconi.
Qual è secondo voi la soluzione alla crisi del sistema accademico italiano?
La soluzione sta nel ruolo unico della docenza. Mi spiego: uno dei principali problemi del sistema italiano è la gestione del potere. Qui un trentenne, pur geniale che sia, non arriverà a essere professore ordinario per altri vent’anni. In altri Paesi se sei in gamba a trent’anni puoi essere preside di facoltà. Quello che distrugge le nostre università è il potere in mano a pochi.
Una sorta di oligarchia accademica?
Sì. Se si vuole che l’università italiana funzioni come si deve bisognerebbe iniziare a lasciar fare il lavoro a chi lo sa fare.
Cosa vi aspettate dalla consultazione che il governo dovrebbe avviare dal 22 marzo?
Prima di tutto vorremmo maggiori chiarezza e trasparenza: non si sa ancora come la consultazione verrà eseguita, i temi che verranno discussi, né l’oggetto preciso. E cosa proporrebbero poi in cambio del valore legale? Inoltre vorrei ricordare un punto: appena diventato ministro Profumo disse che si sarebbe confrontato con tutti. In realtà non ci ha ancora ricevuto, proprio come la Gelmini.
Cosa si propone di fare Rete29aprile?
Continueremo ad approfondire la questione su internet attraverso il nostro sito e Roars.it e nelle università con assemblee e dibattiti. E continueremo a chiedere un colloquio con Profumo e con le forze politiche che si nascondono dietro la situazione di emergenza pensando che essa renda tutto giustificabile. Anche quelli che prima criticavano quel che faceva il governo Berlusconi stanno replicando il comportamento di quell’esecutivo.
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Ottima intervista…
Bisognerebbe anche dire che abolire il valore legale della laurea sarebbe anticostituzionale.
Andrebbe contro il principio di uguaglianza, che riguarda anche la situazione economica, quella sociale e quella culturale dei cittadini.
In sintesi lo Stato dovrebbe rimuovere i paletti che non la permettono, non metterli, giacché questo progetto paventato non capiterà mai e poi mai e se dovesse capitare verrebbe bloccato.