Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017: bocciata l'Italia. I laureati sono pochi e impreparati
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Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017, Italia bocciata per numero e competenze dei laureati

da | Ott 2017 | News | 0 commenti

Pochi, impreparati e male utilizzati. Ecco il ritratto dei laureati italiani secondo il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017. Un fotografia assolutamente impietosa, quella dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che spiega come mai il nostro Paese da quindici anni faccia i conti con una produttività stagnante e risultati economici lenti e altalenanti.

Il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017 sottolinea ancora una volta l’affanno dell’Italia per quanto riguarda il numero di laureati, soprattutto nella fascia tra i 25 e i 34 anni. Da noi sono 2 su 10, mentre la media degli altri paesi Ocse è del 30 per cento. Ma questo problema, sebbene non trascurabile, non è nemmeno il più grave. Il rapporto, infatti, segnala che anche quelli in possesso di un titolo accademico dimostrano competenze in lettura e matematica inferiori rispetto alla media. Nonostante la laurea, insomma, sono impreparati e questo deficit pesa sulla competitività nel nostro mercato del lavoro.

Un mercato del lavoro che, secondo il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017, è particolarmente ostile per i laureati. I quali, specialmente al primo impiego, si trovano spesso a lavorare in settori per nulla attinenti a ciò che hanno studiato all’università (35 per cento dei casi) oppure debbono accontentarsi di lavori che richiedono meno competenze di quelle che hanno (11,7 per cento), risultando sovra-qualificati rispetto alle mansioni loro assegnate.

Se tutti questi punti critici non esplodono in catastrofe è solo grazie all’antica e sempre utile capacità di adattamento di noi italiani. Il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017 enfatizza positivamente la “rapidità d’apprendimento e problem solving” dei nostri laureati, i quali fanno di necessità virtù e riescono a cavarsela nonostante le condizioni sfavorevoli. Per questo l’Ocse sottolinea come basterebbe adottare politiche mirate di istruzione e formazione della forza lavoro per “favorire un miglior (più intensivo) uso delle competenze elevate” in ambito professionale.

Dei problemi che affliggono i laureati sono responsabili tanto le università quanto le aziende. Il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017 accusa le prime di non essere in grado di collegarsi efficacemente con le esigenze del mondo del lavoro. Le imprese, dal canto loro, sono considerate poco disposte a investire in tecnologia, ad adottare pratiche lavorative che favoriscano il miglioramento della produttività e incapaci di usare al meglio le competenze che hanno a disposizione.

Stando al Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017 è proprio la natura del tessuto industriale italiano il nodo cruciale. Oltre l’85 per cento delle aziende sono a conduzione familiare e spesso i manager di tali imprese – membri delle famiglie proprietarie – sono a loro volta privi delle competenze necessarie per la gestione delle più nuove e complesse tecnologie. Inoltre, il fatto che i salari siano correlati all’anzianità e all’esperienza del lavoratore, piuttosto che alle sue performance, “disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”.

In mezzo a tante bacchettate, ci sono pure alcune lodi. Il Rapporto Ocse Strategia per le competenze 2017, infatti, riconosce l’impegno dell’Italia nell’attuare delle riforme che possano affrontare e risolvere i problemi elencati. In particolare, l’Ocse elogia il Jobs Act e cita anche la Buona scuola (con un plauso per l’alternanza scuola-lavoro e il piano per il digitale), Industria 4.0, Garanzia Giovani e la legge Madia sulla Pubblica amministrazione.

Un’opportunità in più per il nostro Paese può venire, secondo l’Ocse, dal progetto che l’organizzazione sta conducendo in collaborazione con il governo e con il sostegno della Commissione europea. La Strategia nazionale delle competenze ha identificato dieci sfide per l’Italia, tra cui l’occupazione femminile, quella giovanile, la formazione continua, gli studi avanzati e l’innovazione. Tutti aspetti di capitale importanza per promuovere un mercato del lavoro nel quale a dominare siano le competenze.

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