I più recenti dati su istruzione, università e lavoro arrivano dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). E non sono per niente buoni: l’Italia è l’unico Paese dell’area OCSE a non aver aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria dal 1995 in poi, e la laurea è sempre meno utile per trovare una posizione professionale soddisfacente, di conseguenza c’è sempre meno interesse a prenderne una.
Gli scarsi vantaggi derivanti dall’aver conseguito una laurea di cui parla il rapporto OCSE sull’Istruzione 2013 sono sotto gli occhi di tutti. Proprio ieri sulle pagine del quotidiano La Repubblica è stata riportata la notizia che, in provincia di Rieti, nell’ambito delle selezioni per l’accesso a un corso di formazione gratuito propedeutico all’inserimento professionale come portuale, l’associazione che ha condotto le procedure di valutazione ha scartato i laureati che si erano presentati per “eccesso di competenze”. Secondo gli addetti, infatti, l’essere troppo qualificati non li avrebbe motivati a svolgere questo tipo di lavoro per sempre.
Tornando ai dati del rapporto OCSE sull’Istruzione, tutti gli altri Paesi considerati dal 1995 hanno aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria in media del 60-62 per cento, mentre in Italia è rimasta costante. Non solo non sono stati aumentati i finanziamenti, quel che è peggio è che parallelamente si sono ottenuti risparmi mediante l’aumento del numero di studenti per ogni insegnante. Il lato positivo della questione è che, secondo l’OCSE, non ci sono state finora ricadute negative sull’apprendimento.
Le cose non vanno meglio all’università. Il nostro Paese investe per ogni studente il 30 per cento in meno rispetto agli Stati più avanzati. E il numero dei nostri laureati continua ad essere insufficiente: secondo i dati del rapporto OCSE sull’istruzione 2013, solo il 15 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha concluso gli studi terziari – meno della metà della media OCSE, che si attesta sul 32 per cento – con tassi di ingresso che hanno subito una nuova contrazione dopo l’aumento registrato nei primi anni 2000: se nel 2006 56 diplomati su 100 continuavano la loro formazione, nel 2011 il dato è calato fino al 48 per cento (la media OCSE è del 60 per cento).
Il fatto che per i laureati italiani non ci sia lavoro concorre a far scendere le immatricolazioni. A questo proposito, un altro segnale piuttosto allarmante che emerge dal rapporto OCSE sull’istruzione 2013 è che tra il 2003 e il 2009 il tasso dei quindicenni che tra i propri sogni e progetti per il futuro mettevano una laurea è calato dal 52 al 41 per cento.