Forse il peggio è passato, visto che dopo tre anni di costanti segni negativi il PIL nel 2015 è tornato a crescere, ma la crisi pesa ancora, specialmente su alcune categorie di soggetti. Il Rapporto Istat 2016, pubblicato oggi, certifica questo scenario con luci e ombre, sottolineando i passi avanti fatti dall’economia e al contempo le difficoltà incontrare dalle famiglie e soprattutto dai giovani, coloro che in questa congiuntura sfavorevole hanno pagato e pagano tutt’ora il prezzo più alto.
Il ritratto dell’Italia nel 2015 che viene fuori dal Rapporto Istat 2016 è quello di un Paese che invecchia inesorabilmente, nel quale 2,2 milioni di famiglie debbono cercare di andare avanti senza redditi da lavoro, ci si sposa sempre più tardi e crescono le disuguaglianze a livello economico, mentre la spesa sociale si dimostra insufficiente.
In questo quadro spicca soprattutto la situazione negativa nella quale si trovano i nostri giovani. Il Rapporto Istat 2016 li descrive “sovraistruiti” per gli impieghi che hanno e spesso condannati al part-time involontario o al tempo determinato. Nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 34 anni più di uno su tre (il 35 per cento circa) è eccessivamente qualificato per il lavoro che svolge, mentre tra gli adulti questa quota è del 13 per cento. Ciò significa che, nonostante i titoli di studio, chi vuole davvero entrare nel mondo del lavoro sovente lo deve fare passando per lavori che avrebbe potuto svolgere anche senza essere progredito così tanto nella formazione. In proposito l’istituto ha rilevato che i lavori attraverso i quali più di frequente i giovani fanno il loro ingresso nel mercato del lavoro sono quelli di commesso, cameriere, barista, cuoco, parrucchiere o estetista.
Secondo il Rapporto Istat 2016, poi, tra i giovani non è infrequente il part-time che, nel 77,5 per cento dei casi, è involontario. E, nonostante il Jobs Act, ancora uno su quattro si ritrova con un contratto a termine. La situazione non è rosea nemmeno per laureati, i quali dopo tre anni dal conseguimento del titolo, hanno un lavoro a tempo indeterminato o di durata medio-lunga, ad orario pieno e altamente qualificato solo nel 53,2 per cento dei casi.