Non sarà una notizia particolarmente nuova per l’università italiana, ma dall’ultimo rapporto Istat sul ranking degli atenei, elaboratao sulla base dei dati di Arwu (Academic Ranking of World Universities) della classifica messa a punto dalla cinese Shanghai Jiao University, l’Italia è quasi fuori dai giochi.
Nei primi 200 posti dedicati ai migliori atenei al mondo per performance, le università italiane occupano solo il 2%, seguendo la Francia (3,5%) e la Germania (7%).
Il focus di Istat inoltre si sofferma su una terza classifica, il QS World University Rankings del Times Higher Education, secondo cui l’Italia compare solo se si allarga il ranking alle 300 migliori posizioni, dove il nostro paese è presente con 5 atenei, e l’Europa con 13.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, dunque, sarebbero ancora piuttosto lontani gli obiettivi fissati da Europa 2020, che mirano a un maggiore livello di persone laureate rispetto alla popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni. Contro il 40 per cento atteso al 2020, infatti, lo scorso anno i giovani laureati si sono attestati al 19%, con una percentuale di crescita dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
Qualche piccola novità in positivo arriva invece per l’Europa: la classifica Arwu2010 rivela infatti che il Vecchio Continente fa registrare il maggior numero di atenei posizionati fra i prime 500, tuttavia il risultato cambia quando si guarda ai primi 200. Tra le prime 100 università, invece, 75 sono distribuite solamente fra quattro paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Germania. A prevalere nelle posizioni top sono poi le università statunitensi, che arrivano ad avere un predominio nelle prime 20 università del mondo (l’85%). Per vedere apparire l’Italia bisogna allargare la classifica alle prime 200.