Come se la passano gli atenei italiani? A dare una risposta ci ha provato il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) nell’undicesimo rapporto sullo stato del sistema universitario. Proprio mentre si accende la polemica sul direttivo di un altro organismo di valutazione, l’Anvur, l’osservazione del Cnvsu si concentra su argomenti come il calo delle immatricolazioni, la percezione degli studenti, l’età media dei prof, l’effettiva risposta alle necessità formative e di ricerca.
CORSI. Durante la presentazione si è evidenziato come l’intento di razionalizzare i corsi e la riduzione consistente del numero dei docenti rischiano di cadere sostanzialmente nel vuoto se nel contempo non si rimette mano a una programmazione che tenga nel dovuto conto “il vero fabbisogno informativo e di ricerca”.
MATRICOLE. L’invito a riflettere su quest’ultimo punto è giunto proprio da Luigi Biggeri, presidente del Comitato, il quale sottolinea come questa esigenza è ancor più evidente se si considera che l’iscrizione di nuovi studenti è in calo soprattutto dove il tasso di occupazione è più elevato. Dopo il picco che nel 2002/2003 li aveva portati al 74,5 per cento, i diplomati iscritti all’università, nel 2008/2009 sono scesi al 66 per cento e nel 2009/2010 al 55,7.
CONCORSI. Il presidente del Cnvsu fa notare poi che entro il 2015 il 32 per cento dei professori ordinari di Scienze fisiche, Ingegneria civile e Architettura lascerà per sopraggiunti limiti di età. Questo a conferma che se non si pianificano con criterio i nuovi posti messi a concorso, intere aree di studio rischiano di restare sguarnite.
STUDENTI. Un’altra riflessione scaturita dai dati del rapporto riguarda le preferenze espresse dagli studenti usciti con voti alti dagli esami di maturità. I giovani che prendono più di 90 su cento agli esami tendono a iscriversi alle università private. Il 68,1 per cento scegli la Luiss Guido Carli di Roma, seguita nelle preferenze dall’Università Bocconi di Milano (58 per cento), dal Campus biomedico di Roma (52,6) e dal San Raffaele di Milano (52,5). Seguono l’Università della Calabria e il Politecnico di Bari con il 40,8 per cento.
DOCENTI. Anche la “radiografia” dei prof segnala novità interessanti, a partire dall’età, dal momento che la metà ha più di 60 anni. L’età media dei docenti negli atenei di casa nostra è ormai di 63 anni contro i 58 del 1998, il 50 per cento ha più di 60 anni e il 20 per cento più di 65. Gli under 51 sono soltanto il 15 per cento e nelle università più giovani si trovano i prof più vecchi, mentre le percentuali più elevate di giovani si trovano nelle facoltà di Scienze matematiche, Ingegneria industriale, Scienze giuridiche e Scienze economiche e statistiche.
RICERCATORI. Per quanto riguarda i ricercatori, quelli nella fascia di età tra i 35 ed i 40 anni risultano nel 2010 più numerosi, e le ricercatrici rappresentano il 45 per cento del totale.
Interessanti i dati sulla scelta dei ragazzi più bravi.Bisogna però considerare un’ altra cosa, cioè, a fronte della scelta, la valutazione dell’ andamento universitario successivo.Perchè, se in un’ Università arrivano ragazzi non tanto bravi ci si può aspettare tendenzialmente un andamento universitario non eccellente, ma se arrivano ragazzi bravi e si perdono, allora c’è qualcosa che non va nell’ Università. Ovviamente, so già quale sarebbe la risposta : gli hanno regalato i voti alle superiori.Ma non è così, ciò sarebbe dimostrabile con il fatto che lo stesso studente messo in un’ Università diversa avrebbe un andamento diverso.