Gli uffici pubblici in Italia non sono un posto per laureati. A rivelarlo è l’ultimo Rapporto Aran sui lavoratori della Pubblica amministrazione, che mostra come siano i diplomati a prevalere, anche in quelle posizioni nelle quali sarebbe richiesto un titolo di studio più elevato. Se a questo si somma il blocco del turnover in vigore da anni, che impedisce l’assunzione di giovani e il rinnovamento del personale, il risultato è un capitale umano con un’età media molto alta e non adeguatamente qualificato.
La laurea negli uffici pubblici sembra servire a ben poco e quello che è tradizionalmente considerato “il posto sicuro” per i laureati nostrani è quasi un miraggio. I dipendenti della PA in Italia sono 1,2 milioni e tra loro, segnala il Rapporto Aran sui lavoratori della Pubblica amministrazione 2014, la maggioranza è costituita da diplomati e anche tra il personale tecnico e amministrativo che riveste mansioni per le quali sarebbe richiesta la laurea, solo il 51 per cento degli occupati è effettivamente in possesso di tale titolo.
Com’è possibile che ciò accada? La colpa è da attribuire ai criteri adottati per la progressione di carriera, basati essenzialmente sull’anzianità più che sul merito e i titoli posseduti, ma anche alle numerose deroghe accumulatesi nel tempo.
Il Rapporto Aran sui lavoratori della Pubblica amministrazione 2014 mostra, inoltre, che a fronte dei diplomati che svolgono mansioni superiori rispetto alle loro qualifiche, c’è una quota di laureati inquadrati in posizioni più basse rispetto al titolo di studio del quale sono in possesso. Va però detto che la percentuale di lavoratori “overeducated“ (cioè laureati che occupano posti per diplomati), una piaga tutta italiana, è comunque più bassa che nel resto del mondo del lavoro.
Dal Rapporto Aran sui lavoratori della Pubblica amministrazione 2014 emerge come gli attuali occupati della PA abbiano un gap di competenze professionali che è un’autentica zavorra per l’intero sistema. Per risolvere il problema, secondo l’Aran occorrerebbero “più sostenuti investimenti in politiche formative e di sviluppo delle risorse umane, interventi di riqualificazione, nonché la previsione di misure per incentivare l’esodo o per accompagnare verso il pensionamento”. Il tutto, per garantire quel ricambio generazionale auspicato in questi giorni anche dal ministro competente in materia, Marianna Madia.