“Una generazione dimenticata”. Si è parlato in questi termini dei giovani nel corso della presentazione del XIII Rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati in Italia. Nel nostro Paese pesa ancora l’onda lunga della crisi, con un tasso di crescita ancora troppo basso e prospettive occupazionali tutt’altro che rosee. A questo quadro si aggiunge l’ulteriore penalizzazione delle lavoratrici donne e dei giovani, soprattutto nel Mezzogiorno.
“I giovani sono ormai una risorsa scarsa – sottolinea il direttore di Almalaurea, Andrea Cammelli, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto, nella sede della Cui a Roma – Il numero dei 19enni si è ridotto del 38% in 25 anni e questo influisce sul loro peso e riduce la possibilità di renderli protagonisti del necessario ricambio generazionale“.
Il rapporto Almalaurea registra uno stop della crescita del numero di laureati nel nostro Paese. Una frenata partita nel 2008 e destinata a protrarsi nel tempo, proprio mentre l’Europa chiede di raggiungere il 40 per cento dei laureati tra i 30 e i 34 anni al 2020. Obiettivo, quest’ultimo, ancora molto lontano se tra il 2004 e il 2009 si è passati dal 16 al 19 per cento circa. D’altro canto il livello di spesa universitaria in relazione al Pil vede l’Italia agli ultimi posti dei Paesi Ocse, segno che in questi anni non si è investito sui giovani e sulla loro capacità di produrre innovazione.
A sentire i 400mila laureati intervistati nel 2010 a pochi anni dal conseguimento del titolo, la disoccupazione è in crescita sia tra i giovani in possesso di una laurea triennale (+1 per cento rispetto al 15 per cento dell’anno precedente) sia tra chi vanta una laurea specialistica biennale (il tasso dei disoccupati è del 18%, due punti in più rispetto al 2009) o a ciclo unico (dal 14 al 16,5 per cento). Questione ancora più preoccupante è quella che riguarda la “qualità” dell’occupazione trovata dai neolaureati, se è vero che il 45,2 per cento ottiene a un anno dalla laurea un lavoro atipico.
Torna a fare capolino tra i laureati anche il lavoro nero. A un anno dalla laurea, i “dottori” senza contratto raggiungono il 7 per cento tra i laureati con specialistica biennale, raddoppiando rispetto al rilevamento precedente. I laureati di primo livello “assunti a nero” passano invece dal 3,8 al 6 per cento, mentre gli specialistici a ciclo unico, passano dall’8 all’11 per cento quasi.
Il commento del direttore di Almalaurea, come anche quello espresso nella stessa sede dal presidente del Cun Andrea Lenzi, è volto a scongiurare l’idea che i problemi occupazionali siano legati all’elevato numero di laureati. “In realtà il tasso di disoccupazione dei non laureati, nel breve e lungo periodo, è ben più alto – spiega Andrea Cammelli – Il problema semmai è lo scarso investimento sia pubblico sia privato su università, ricerca e innovazione. Anche negli anni di carestia il contadino taglia su tutto ma non sulla semina”.