In un momento di crisi come questo, gli studenti si ritrovano a far fronte a tasse universitarie più care e, paradossalmente, sono i redditi più bassi a subire i rincari maggiori. È quanto emerge dalla terza indagine dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori (O.N.F.) sulle rette applicate dagli atenei italiani: secondo questo rapporto, infatti, i contributi richiesti agli iscritti sarebbero aumentati mediamente del 7 per cento rispetto allo scorso anno, pari a un aggravio di 70,68 euro a studente.
Secondo il rapporto 2012 sulle tasse universitarie di Federconsumatori, per la prima fascia di reddito l’aumento medio è stato dell’11,3 per cento, per la seconda del 10 per cento, mentre scende al 2,8 per cento per chi rientra nella terza fascia. Le tasse previste per la penultima e per l’ultima fascia, invece, sono aumentate rispettivamente dell’1,1 per cento e del 5,5 per cento. I dati sono stati calcolati in base ai modelli e alle formule riportati su Internet dalle più grandi università italiane. Per l’associazione dei consumatori si tratta di “aumenti che non favoriscono la formazione dei giovani e che dimostrano la scarsa volontà di investire nel futuro del nostro Paese”.
Gli importi più salati sono quelli stabiliti degli atenei del Nord Italia: qui si riscontra un aumento dell’8,40 per cento, se si prende in considerazione la fascia di reddito più bassa, e del 30,42 per cento, se si tiene conto di quella a cui è richiesta la contribuzione massima. In sostanza, in base ai dati riportati dal rapporto 2012 sulle tasse universitarie di Federconsumatori, si confermerebbe la grande differenza con le università meridionali, dove si risparmia il 16,7 per cento per la prima fascia e il 44,3 per cento per quella più alta. Le rette in assoluto più care si pagano, invece, all’Università di Parma: per iscriversi alle facoltà umanistiche il contributo minimo ammonta a 931,92 euro, mentre per quelle scientifiche è di 1.047,74 euro.
Sull’aumento delle tasse universitarie incide senz’altro l’evasione fiscale. Il rapporto 2012 sulle tasse universitarie di Federconsumatori ricorda infatti che il numero di studenti che risultano appartenenti alle fasce più basse è notevolmente cresciuto. Questo, insieme alla diminuzione degli investimenti destinati alla pubblica istruzione, determina un calo delle risorse da distribuire e una richiesta maggiore da parte degli atenei anche nei confronti degli studenti meno abbienti. Il risultato è che a fare le spese di tutto saranno coloro che se lo possono permettere meno. “In questo modo – dichiara Rosario Trefiletti, presidente dell’associazione – il figlio di un operaio specializzato finisce per pagare imposte superiori a quelle che vengono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio”.
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