Va alla Gran Bretagna la palma della migliore università del mondo, almeno secondo il ranking mondiale diffuso da Quacquarelli Symonds (Qs) che vede in cima alla classifica degli atenei più prestigiosi quello di Cambridge, seguito di poco da Harvard. Il Massachusetts Institute of Technology (Mit) approda invece sul gradino più basso del podio, scalzando Yale e Oxford. Altre due britanniche a seguire nella classifica delle università migliori, ovvero l’Imperial College di Londra (sesto) e la University College of London, mentre a completare la top ten troviamo l’Università di Chicago, quella della Pennsylvania e la Columbia.
E le italiane? La migliore università del Bel Paese è quella di Bologna ma per trovarla dobbiamo scorrere la classifica fino alla 183esima posizione. E se l’Alma Mater conferma di essere la prima della classe, c’è da registrare lo scivolone che le fa perdere sette posizioni: nel 2010, infatti, era 176esima. Ma Bologna non è l’unica a perdere terreno nella classifica delle università: anche La Sapienza di Roma esce dalle prime 200 e si piazza a quota 210 (perdendo venti posizioni rispetto all’anno scorso), così come Padova che slitta di due posti, dal 261esimo al 263esimo.
Crescono invece i due atenei milanesi in classifica: l’Università degli Studi di Milano entra nella top 300 con un balzo in avanti davvero impressionante dalla 451esima posizione dell’anno scorso alla 275esima, mentre il Politecnico di Milano sale dal 295esimo al 277esimo posto. “Nella nostra valutazione dei sistemi di formazione terziaria e universitaria – ha commentato Ben Sowter, responsabile della Qs Intelligence Unit che stila la classifica delle università – l’Italia risulta essere l’undicesimo Paese al mondo”, mentre sono 38 quelli inclusi nella top 300. Stati Uniti in testa.
Allargando lo sguardo fuori dalla Penisola, l’avamposto europeo rimane l’Eth di Zurigo (18esimo) insieme a tre atenei parigini. Si distinguono inoltre alcuni atenei asiatici, Hong Kong, Tokyo e Singapore in primis. In generale la classifica, che quest’anno mette a confronto anche le tasse d’iscrizione e viene realizzata in base alle valutazioni di oltre 33.000 accademici di tutto il mondo e di 16.000 datori di lavoro, mette in luce come la predilezione dei governi per i progetti di ricerca ad alta tecnologia, i quali ricevono più finanziamenti, stia mettendo in discussione il predominio degli istituti più tradizionali a tutto vantaggio di atenei con meno storia alle spalle ma con più potenza “tecnica”, come le asiatiche.