protesta ricercatori italiani nature
Non più, non solo, assemblee e siti internet, blog e forum, gruppi facebook e sit-in. Adesso la
protesta dei ricercatori italiani contro il disegno di legge Gelmini e la manovra finanziaria sbarca su
Nature, uno dei più prestigiosi periodici dedicati alla scienza e alla ricerca internazionali. Solo che stavolta i ricercatori italiani non compaiono per la scoperta di importanti cure contro il cancro o navicelle spaziali, ma perché nell’arco degli ultimi mesi hanno dato vita a un vero e proprio movimento di
opposizione alla “graduale cancellazione della ricerca pubblica”.
Lo
sciopero bianco, che consiste nella sospensione delle attività didattiche non obbligatorie per legge per i ricercatori – che invece svolgono buona parte dei corsi e degli esami nelle aule degli atenei italiani – sta vedendo crescere le
adesioni dei ricercatori causa principale del
ritardo dell’offerta formativa per il prossimo anno accademico.
Tutto questo, hanno spiegato in questi mesi i ricercatori, contro i tagli alla ricerca pubblica, e contro una riforma che cancella la figura del
ricercatore, sia perché elimina il contratto di ricerca a tempo indeterminato sia perché non ne riconosce lo stato giuridico. Sarà possibile quindi fare ricerca per non più di sei anni consecutivi – tre più tre di rinnovo – e poi o si verrà assunti come professori associati tramite concorso, oppure si andrà a lavorare in azienda.
Il sistema universitario italiano ha bisogno di
riforme, riconosce Nature nell’
articolo, ma tuttavia senza le
risorse necessarie si rischia di non raggiungere gli obiettivi. Intanto sul sito web della rivista internazionale, scoppia il dibattito con i commenti online.