L’Italia non è un paese per giovani, questo è ormai assodato, così non stupiscono gli ultimi, che ribadiscono una concetto che potremmo definire già metabolizzato: i professori universitari italiani sono troppo vecchi. L’età media del personale docente nostrano, ricercatori compresi, è ormai arrivata a 52 anni e mezzo e con le attuali regole per il turnover le cose sono destinate a peggiorare. Al punto che “rischiamo nel 2020 di non avere più giovani che possano concorrere ai programmi europei”, è l’allarme del presidente della Conferenza dei rettori delle università itaiane (CRUI) Stefano Paleari.
Su 13.239 professori ordinari non ce n’è nemmeno uno che sia al di sotto dei 35 anni, mentre solo 15 in tutto sono under 40. E dal 2008 a oggi sono diminuiti del 97 per cento i professori associati e i ricercatori con meno di trent’anni. Praticamente sono spariti. Un vero peccato, sopratutto considerando che i ricercatori italiani, sebbene rappresentino appena il 4 per mille degli occupati totali (la media europea è pari al doppio) e il nostro paese sia 28esimo al mondo per investimenti nel settore, secondo gli ultimi dati dell’European Research Council, sono ottavi al mondo per numero di pubblicazioni sulle maggiori riviste scientifiche.
Si tratta, però, di un patrimonio che spesso va ad arricchire altri paesi, visto che molti alla fine scelgono la strada dell’estero per l’impossibilità di inserirsi stabilmente nel nostro sistema accademico. Anche per questo i professori universitari italiani sono troppo vecchi e la loro età media continua a salire costantemente. La sproporzione tra “giovani” e “vecchi” per quanto riguarda gli ordinari è impressionante: a fronte di ogni under 40 ci sono 474 over 60. E se si considerano nel complesso ordinari, associati e ricercatori, si scopre che gli ultrasessantenni sono il 24,8 per cento del totale (che ammonta a 51.807 unità), mentre coloro che hanno meno di quarant’anni sono un terzo di questi (8,8 per cento).
Basterebbe già questo a sentirci umiliati, ma oltre al fatto che i professori universitari italiani sono troppo vecchi, siamo obbligati a constatare anche che troppo spesso sono uomini. Le docenti e le ricercatrici da noi sono solo il 36,5 per cento, dato che in Europa ci colloca davanti solo a Malta. La Germania, invece, ci supera del 3 per cento, mentre Svezia, Polonia, Portogallo e Gran Bretagna del 7, e la Lettonia addirittura del 21 per cento.