Questo è quanto chiede il Coordinamento nazionale dei precari dell’Università Flc-Cgil in una lettera aperta al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.
“Da molti mesi – si legge nella lettera – il Paese aspetta invano il decreto attuativo di definizione dei criteri di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni nei concorsi a ricercatore”.
Questo decreto “promette maggiore trasparenza nello svolgimento dei concorsi e che renderebbe possibile sia lo sblocco dei concorsi già banditi dagli Atenei sia l’avvio della seconda e della terza tranche del reclutamento straordinario”.
Se la situazione dell’università italiana “in questo momento è critica, – prosegue la lettera – lo è particolarmente per quella fascia di studiosi che ancora non ha un rapporto lavorativo a tempo indeterminato con gli Atenei e che però, con dedizione, competenza e sacrificio, da molti anni fa quella ricerca grazie alla quale l’Italia continua a essere ai vertici internazionali”.
Il sindacato dei precari infatti ricorda che: “Da molti anni a questa parte quasi la metà del personale impegnato a tempo pieno in ricerca e docenza negli Atenei è reclutato con contratti parasubordinati e borse di studio, la maggior parte dei quali privi delle più essenziali tutele previdenziali ed assistenziali”.
È necessario “da subito – spiega il Coordinamento – assicurare ai ricercatori e docenti precari i diritti minimi di ogni lavoratore: retribuzioni adeguate, diritti pensionistici ed assistenziali, ammortizzatori sociali, rappresentanza negli organi accademici”.
Tutto ciò, per il sindacato dei precari “con l’obiettivo di mantenere sempre alto il livello di didattica e ricerca nei nostri Atenei italiani e conservare nel nostro paese un livello di civiltà del lavoro degno di questo nome”.
“Ricordiamo – conclude la lettera aperta – che non è più accettabile la stipula di contratti di docenza a titolo gratuito, modalità indecente diffusasi in molti Atenei del paese. L’assenza di retribuzione è infatti inevitabilmente correlabile con la riduzione della qualità dell’offerta didattica e soprattutto con un inaccettabile trattamento dei lavorativo”.