Poco più di un anno fa la notizia che il Politecnico di Milano avesse in programmazione di inserire nella propria offerta formativa a partire dal 2014 solo corsi di laurea specialistica e di dottorato interamente in inglese suscitò numerose polemiche. Adesso il Tar ha bloccato l’iniziativa, accogliendo il ricorso presentato da centocinquanta docenti dello stesso ateneo, che si opponevano a una svolta che escludesse l’italiano dai corsi di II livello e post laurea. Voci contrarie all’ipotesi si erano levate anche da altri atenei italiani e fin dall’Accademia della Crusca.
A detta del Tar, adottare l’inglese come lingua esclusiva “incide in modo esorbitante sulla libertà di insegnamento e sul diritto allo studio”. La sentenza si rifà a quel primato della lingua italiana che è sancito dalla Costituzione, e che ovviamente riguarda anche l’insegnamento nelle nostre università. Primato che però, dalle parti del Politecnico di Milano, si era propensi a sacrificare, per così dire, in nome di un “ateneo internazionale” in grado, secondo il rettore Giovanni Azzone, di “formare capitale umano di qualità in un contesto internazionale per rispondere alle esigenze di imprese e studenti, che chiedono di essere pronti per un mercato mondiale del lavoro”.
Dopo un anno dalla delibera del Senato accademico del Politecnico di Milano sull’uso esclusivo dell’inglese per l’offerta formativa di II livello e per i corsi di dottorato, subito seguita da appelli contrari firmati da trecento professori dei vari corsi di laurea e dal ricorso al Tar presentato nel Luglio scorso, ecco l’attesa sentenza. E festeggiano quanti da subito si erano opposti. Così Maria Agostina Cabiddu, nella doppia veste di docente di Diritto amministrativo presso il Politecnico e di avvocato della parte che ha fatto ricorso, a proposito della sentenza del Tar: “accoglie in pieno le nostre ragioni. Dimostra tutta la lesività della decisione impugnata. È una vittoria non soltanto nostra, è una vittoria della ragione e della cultura”.
Tutto fermo, quindi. Si andrà avanti col bilinguismo, e la possibilità per i laureati triennali di scegliere se proseguire la propria formazione in italiano o in inglese. Ora la schiera di quanti hanno fatto ricorso si augura che gli organi direttivi del Politecnico di Milano non provino a presentare appello.