Una sentenza del TAR solo pochi giorni fa ha annullato la decisione del Politecnico di Milano di rendere obbligatoria la lingua inglese nei corsi di laurea magistrale e di dottorato. Ancora non è stato reso noto se il Senato accademico – che aveva deliberato a Maggio 2012 la riforma interna – farà ricorso in appello o meno e, nel frattempo, non accennano a placarsi il dibattito e le polemiche in proposito. Protagonista, insieme ad altri, niente meno che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che ha dato il suo parere sulla questione, schierandosi dalla parte dei docenti che avevano proposto e votato l’adozione dell’inglese.
Da una parte i ricorrenti cantano vittoria per l’esito della battaglia legale, dall’altra però il rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone e gli altri sostenitori dell’iniziativa possono contare sull’appoggio del ministro Carrozza. “Si presuppone che la lingua italiana sia già ben conosciuta all’università, offrire corsi in inglese significa consentire agli studenti di entrare nel mondo del lavoro“, ha commentato il ministro in un’intervista a Radio24. Non che il ministro intenda con questo ‘ribellarsi’ al TAR: “le sentenze – ha tenuto a precisare Maria Chiara Carrozza – si rispettano, però capisco molto bene il rettore del Politecnico: il dibattito sull’importanza della lingua italiana dovrebbe essere affrontato a livello di scuola primaria”. Che serva dunque un ripensamento complessivo, anche alla luce delle direttive europee, dei rapporti tra italiano e altre lingue nelle nostre scuole?
Nessun commento in merito per il momento dalle file del Politecnico di Milano, dove però è già iniziata la protesta di docenti e studenti favorevoli ai corsi interamente in inglese, che bollano la decisione del TAR come un’evidente dimostrazione del provincialismo delle istituzioni italiane, sottolineando come l’insegnamento in inglese in Nord Europa sia la prassi anche per i Paesi non anglofoni. Quanti criticano la decisione del TAR si domandano in particolare se all’Italia manchi la voglia o il coraggio di aprirsi verso l’estero per superare l’attuale crisi dell’università.
Mentre le opinioni si affollano, soprattutto online, Azzone ha convocato il Senato accademico e il Consiglio di amministrazione in seduta straordinaria in data 3 Giugno. All’orizzonte potrebbe esserci un ricorso o un nuovo provvedimento che possa concludere con esito positivo la strada, fin qui interrotta, del decreto dello scorso Maggio.