Il tirocinio formativo attivo (TFA) deve essere prorogato fino al 2017 per permettere a quanti sono attualmente iscritti a un corso di laurea magistrale o frequentano l’ultimo anno di uno triennale di poter conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Lo chiedono gli studenti di Link-Coordinamento universitario, che hanno lanciato la petizione #Io voglio…insegnare. La raccolta di firme per chiedere un ulteriore ciclo di TFA è appoggiata anche dall’Associazione dottorandi italiani (ADI).
L’iniziativa è finalizzata a far sì che si possa evitare per coloro che sognano di insegnare e attualmente sono già iscritti o in procinto di iscriversi a un corso di laurea di II livello l’obbligo di ri-laurearsi attraverso uno dei percorsi magistrali abilitanti che, secondo il piano “La Buona Scuola” del governo Renzi, dovrebbero sostituire il TFA.
“Se le linee guida indicate dal Governo all’interno della Buona Scuola dovessero essere tradotte in decreti – spiega Alberto Campailla, il portavoce di Link – il TFA sarà sostituito dall’introduzione di corsi di laurea magistrali abilitanti a numero chiuso, la cui frequenza diventerebbe l’unico canale attraverso cui ottenere l’abilitazione all’insegnamento. In questo modo, migliaia di studenti che stanno per laurearsi si troverebbero con un titolo di laurea che non gli consente di insegnare e dovrebbero re-iscriversi ai nuovi corsi di laurea”. Ecco perché si chiede l’indizione di almeno un nuovo ciclo di tirocini formativi attivi.
La petizione promossa da Link non ha, però, quest’unico obiettivo. Attraverso la raccolta di firme si chiede anche di intervenire su alcuni aspetti per migliorare il TFA, attraverso l’adozione di un criterio di progressività nella tassa d’iscrizione, la possibilità di usufruire dei benefici erogati dagli enti per il sostegno al diritto allo studio e una regolamentazione dell’attività formativa all’interno delle ore di tirocinio.
Alle richieste si unisce anche l’ADI, la cui adesione alla petizione per chiedere la proroga del TFA fino al 2017 nasce dal fatto che, come sottolinea il segretario nazionale Antonio Bonatesta, “in Italia addirittura il 96 per cento dei dottorandi in Italia non riesce ad avere un futuro nell’Università”, di conseguenza il canale dell’insegnamento “risulta un’importantissima possibilità lavorativa per tanti ricercatori in formazione.”