Individuare i pazienti affetti dal morbo di Parkinson, distinguendolo dalle altre malattie neurodegenerative, grazie a un semplice prelievo ematico: sembra sia possibile, stando ai risultati di una ricerca italiana che ha trovato nei globuli bianchi i marcatori che, tramite un’analisi del sangue, permettono di riconoscere precocemente i segnali che portano alla malattia. L’annuncio è stato dato dalla rivista scientifica internazionale Scientific Reports. Il team che ha condotto lo studio – coordinato dal professor Leonardo Lopiano – fa capo all’Università di Torino, ma si è avvalso dell’aiuto di docenti e ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale, dell’Università dell’Insubria e dell’Università di Verona.
Gli scienziati hanno trovato in alcune cellule del sangue (in particolare nei linfociti T) dei marcatori che consentono di dare un “punteggio” di compatibilità con la malattia e di accelerare i tempi per la diagnosi. Si tratta di uno studio molto innovativo, poiché cerca i marker nei linfociti, che sono le cellule del sistema immunitario del sangue e che condividono alcune caratteristiche con i neuroni soggetti alla degenerazione prodotta dal morbo di Parkinson. La scoperta è stata possibile grazie alla proteomica, una tecnica che studia la modificazione dei tessuti.
Il Parkinson è, dopo l’Alzheimer, la malattia neurodegenerativa più diffusa al mondo. In Italia, con oltre 220mila diagnosi, esso colpisce il 2 per cento degli ultra sessantacinquenni. Si tratta di una patologia che si manifesta in tutta la sua gravità quando la degenerazione neurale è arrivata a un punto tale da annullare l’efficacia delle terapie che ne possono rallentare il decorso e, per questo, diventa essenziale la diagnosi precoce. In questo modo sarebbe possibile utilizzare quei farmaci in grado non solo di proteggere i neuroni ma anche di modificare la cronicizzazione della malattia e che diventano inefficaci quando si è già a un livello troppo avanzato.
La ricerca del team del professor Lopiano permetterà non solo di diagnosticare la malattia ad uno stadio iniziale attraverso una semplice analisi del sangue, ma anche di studiare nuovi farmaci. Tuttavia, come spiega egli stesso “per portare i risultati delle nostre ricerche dal laboratorio alla clinica stiamo lavorando alla realizzazione di una rete di centri Parkinson in gradi di reclutare un gran numero di soggetti, necessari a verificare che il test sia effettivamente efficace come appare dai nostri studi, ma questo ha costi abbastanza alti e ci stiamo dando da fare per trovare adeguati finanziamenti“.
La strada per arrivare alla diagnosi precoce attraverso un prelievo del sangue è ancora lunga, ma se i dati verranno confermati in una casistica più ampia, i neurologi avranno uno strumento in più per decidere se fare quegli esami, più complessi e costosi, che di solito sono riservati ai soggetti che hanno già manifestato i sintomi del Parkinson.
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