Se c’è un’emergenza che più di ogni altra dovrebbe interessare al governo e, più in generale, alla classe politica, quella è il lavoro. O meglio la sua mancanza. Un problema drammatico, soprattutto per i giovani e soprattutto al Sud. E un problema ben noto a tutti, al punto che, sebbene continui a indignare, ormai non sorprende più leggere certe notizie. Come quella relativa alla selezione per quindici posti da lustrascarpe svoltasi ieri a Palermo. Tra i settanta candidati che si sono presentati per contendersi il lavoro, molti erano i laureati e gli studenti universitari.
Gli aspiranti lustrascarpe sono stati convocati nella sede locale di Confartigianato. L’associazione di categoria ha deciso di riportare in auge quello che sembrerebbe un lavoro d’altri tempi e a molti l’offerta è parsa un’opportunità irrinunciabile. Anche perché nel Mezzogiorno per quanto riguarda il lavoro non si può dire ci sia l’imbarazzo della scelta. Così alcuni, pur in possesso di un titolo di studio che potrebbe aprire ben altri orizzonti professionali, sono stati costretti a non poter essere schizzinosi. Perché di questi tempi un posto di lavoro, qualsiasi posto di lavoro, è una benedizione.
Ovviamente non dovrebbe essere così e un laureato non dovrebbe essere spinto dalla necessità a candidarsi per un posto da lustrascarpe. La disoccupazione, specie quella giovanile, dovrebbe essere il chiodo fisso della politica. Che, invece, troppo spesso è assorbita da altre questioni sicuramente meno urgenti. E anche i discorsi sulla necessità di aumentare la quota di laureati lasciano il tempo che trovano, se poi coloro che concludono gli studi universitari sono abbandonati a sé stessi, ad annaspare tra lavori precari e sottopagati.
Per non parlare di polemiche che sembrano lontane anni luce, come quella sui “bamboccioni” o sui giovani “choosy”. Ormai abbiamo avuto più di una prova che i nostri giovani sono pronti a tutto. A fare le valigie ed emigrare, per esempio, o a diventare perfino lustrascarpe, se serve.