Laureati, specializzati e precari. Così si descrivono i giovani italiani che hanno terminato gli studi accademici su forum e social network. Ma che non si tratti di semplice “autocommiserazione” lo dimostrano i dati; pochi lavorano e pochissimi trovano un lavoro stabile. Secondo alcuni questa distanza tra il mondo del lavoro e i laureati è dovuta alle scelte formative degli universitari, che preferiscono le facoltà umanistiche a quelle scientifiche e tecniche.
Questa analisi non mette d’accordo tutti, ma la tesi della difficile occupabilità legata al tipo di studi scelti trova riscontro anche in un recente studio dell’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, che ha elaborato i dati forniti dall’Istat e dal Miur.
Tra i 25 e 34 anni i laureati in medicina vantano il tasso di occupazione più elevato, seguiti dai “dottori” nel settore chimico-farmaceutico e dagli ingegneri. Eppure sono ancora pochi gli studenti che si orientano verso questo tipo di studi. “Anche se in misura ridotta rispetto al passato – spiega Aviana Bulgarelli, direttore generale dell’Isfol – investire nella propria istruzione continua a essere una scelta premiante per i giovani italiani: i nostri laureati guadagnano di più rispetto ai diplomati e raggiungono tassi di occupazione più elevati. Lo scenario italiano mostra, però, un rendimento maggiore per le competenze tecniche e scientifiche, ma una bassa offerta di laureati in materie scientifiche e una diminuzione della quota di giovani che seguono percorsi tecnici e professionali nell’istruzione secondaria superiore”.
Sempre secondo lo studio Isfol, il tasso di occupazione dei diplomati è superiore di un punto percentuale rispetto a quello dei laureati per quanto riguarda la fascia di età dai 25 ai 34 anni, ma poi il trend si inverte con il passare degli anni. In rapporto con l’Europa, però, l’occupabilità dei laureati presenta gli scenari decisamente più critici. I tassi di occupazione dei giovani italiani che escono dall’università sono inferiori di 6 punti percentuali rispetto alla media comunitaria, di oltre 10 punti rispetto alla Germania, di 4 punti rispetto alla Francia e di oltre 7 punti rispetto al Regno Unito.
Tra i laureati delle professioni “tecniche” non è però tutto rose e fiori, specie per gli architetti. Lo testimonia una ricerca dell’Osservatorio Cnapp-Cresme, secondo cui a un anno dalla laurea vi è stato un aumento del tasso di disoccupazione, passato dal 7,4 per cento nel 2008, al 16,1 nel 2010. Elevato anche il dato sugli architetti precari, con una percentuale del 46 per cento, contro il 30 per cento di colleghi con un lavoro stabile.
Non incoraggiano nemmeno i dati dell’ultimo rapporto Almalaurea, che registrano una crescita della disoccupazione a un anno dalla laurea triennale dal 15 al 16 per cento tra 2008 e 2009, dal 16 al 18 per cento per gli specialistici biennali e dal 14 al 16 per cento per gli specialistici a ciclo unico.
SONO UN MEDICO E DICO CHE NON E’ ASSOLUTAMENTE VERO CHE I LAUREATI IN MEDICINA TROVANO POSTO PIU’ FACILMENTE .
SIAMO 350.000 SOTTOPAGATI. SE , POI,SI CERCA DI INFLAZIONARE ULTERIORMENTE UN MERCATO STRASATURO,DOVE I MEDICI A 60 ANNI FANNO ANCORA LA GUARDIA MEDICA, E’ PERCHE’ LA SANITA’ PRIVATA NON SA ANCORA DOVE PRENDERE I MEDICI AL PREZZO DI OPERAI O DI BADANTI. MA, SPERO CHE SIA CHIARO A TUTTI I GIOVANI ,A QUESTO PUNTO CONVIENE APRIRE UN BANCO PER LA PORCHETTA E RISPARMIARSI VENTI ANNI DI STUDI E DI SOFFERENZE.