Che nesso c’è lo Sputnik, il satellite lanciato dai sovietici il 4 ottobre 1957, e i dati resi noti dal Cnvsu, il comitato che ha presentato il rapporto sullo stato di salute del sistema universitario italiano? Partiamo dal rapporto, che certifica tra l’altro come nei nostri atenei calano le matricole, soprattutto nelle aree dove c’è ancora un buon livello di occupazione, e i prof con più di 60 anni sono la metà.
In riferimento alla spesa pubblica che va a finanziare gli atenei di casa nostra, il Cnvsu ci fa sapere che in percentuale rispetto alla spesa totale è la più bassa tra i Paesi Ocse. Siamo al livello della Slovacchia con lo 0,8 per cento del Pil e peggio di noi fanno solo Cile, Corea e Giappone, che per i loro sistemi universitari sono fermi allo 0,6 per cento sul Pil.
Passiamo ora allo Sputnik, preso a riferimento dal presidente deli Stati Uniti per definire il solco lungo il quale la sua amministrazione e l’intero Paese dovranno muoversi nei prossimi anni. Quando nel ’57 i sovietici lasciarono con un palmo di naso gli americani lanciando l’ipertecnologico (per l’epoca) satellite, “le conoscenze non c’erano ancora e la Nasa neppure esisteva” ha detto Barack Obama.
Qual è stata allora la strada seguita per recuperare il gap e addirittura battere i sovietici portando per la prima volta l’uomo sulla luna? Il presidente Obama non ha dubbi: “Dopo avere investito in ricerca e istruzione, non solo abbiamo superato i sovietici, ma abbiamo inaugurato un trend di innovazione che ha dato vita a nuove industrie e milioni di posti di lavoro”.
Per questo ora l’Amministrazione statunitense parla di un nuovo “momento Sputnik” e punta su un milione di auto elettriche entro il 2015, sull’80% di energia pulita entro il 2035, alta velocità ferroviaria, internet superveloce per tutti. Perché è consapevole che la strada per superare la crisi sta nell’innovazione. L’innovazione si fa con la ricerca e la ricerca si fa innanzitutto nelle università. Sempre che non le si lasci all’ultimo posto nella classifica della spesa pubblica dedicata.
Noi italiani avremmo tanto da dire quanto a genio, inventiva e valorizzazione dell’università e della ricerca. Ma chi ci governa è impegnato con i festini e le leggi ad personam. Così al massimo ci possiamo permettere il “momento sputt…”. Vabbè lasciamo perdere.
Hai ragione Omar. Mi chiedo perché è così difficile farlo capire alla nostra classe politica. Una volta noi italiani pendevamo (fin troppo!) dalle labbra dei presidenti degli Stati Uniti. Oggi che Obama ci indica la strada per uscire con successo dalla crisi guardiamo verso Putin e diciamo che Mubarak è saggio. Povera patria!