L’Italia non è un Paese adatto per scienziati e ricercatori universitari, secondo l’importante rivista Nature Neuroscience. Che in un editoriale critica la legislazione sulla sperimentazione animale, prendendo di mira in particolare la legge 96 del 6 Agosto scorso, approvata in via preliminare, che vieta gli xenotrapianti e l’impiego di cani, gatti e primati come cavie nella ricerca biomedica. E non lesina un attacco agli stessi scienziati italiani, incapaci di una divulgazione efficace.
Se gli ultimi due anni sono stati piuttosto difficili per la ricerca scientifica italiana, i prossimi potrebbero non essere da meno, avverte Nature Neuroscience. Colpa di una “legge miope”, quella sulla sperimentazione animale, che a parere della rivista inglese rischia di rivelarsi un ostacolo insuperabile, di quelli che possono “minare alle fondamenta quasi tutta la ricerca biomedica” del Paese. E gli scienziati nostrani? Nemmeno loro sono immuni da colpe. La rivista non è certo tenera con i ricercatori italiani, che definisce “colpevoli di non aver adeguatamente spiegato i metodi e i fini della loro ricerca” e quindi di non aver impedito “che false informazioni e sfiducia si diffondessero tra la popolazione”.
Secondo il direttore della rivista, Philip Campbell, a Roma solo qualche giorno fa per consegnare a tre scienziati italiani i “Nature Award for Mentoring in Science”: il nostro Paese “sta divenendo sempre più ostile alla scienza e agli scienziati, con tagli ai fondi e restrizioni legislative”. A peggiorare la situazione ci sarebbe poi l’assenza di una divulgazione scientifica in grado di portare tra ricerca, politica e cittadini una “comprensione reciproca”. Il risultato? L’adozione di norme che imbrigliano la ricerca, come quelle sulla sperimentazione animale.
Non è la prima volta che Nature Neuroscience critica aspramente il mondo della ricerca scientifica italiana. Nell’Aprile scorso, ad esempio, la rivista si era espressa molto duramente contro il metodo Stamina, accusando l’Italia di avallarlo “trattando i pazienti come animali da esperimento”.
Un simile ritratto della ricerca italiana e dei suoi recenti travagli non può certo far ben presagire per il futuro economico del Paese. Una speranza? Campbell la affida ai “molti scienziati di valore mondiale” che l’Italia produce. Sperando “che avvertano la nostra solidarietà e che la corrente della politica viri in loro favore”.