Un sabato di manifestazioni ha inaugurato ieri l’autunno caldo degli studenti medi e universitari italiani. In venti città d’Italia Rete degli studenti e Unione degli universitari hanno dato vita a forme gioiose e colorate di protesta contro la riforma Gelmini e la carenza di fondi che, spiegano, sta soffocando il sistema dell’istruzione pubblica italiano.
Piazza del Pantheon, a Roma, è stata simbolicamente “ripavimentata” con striscioni e cartelli che riportavano le parole chiave “della scuola e dell’università che vogliamo”: partecipazione, cultura libera, diritto allo studio per tutti, meno baroni e più democrazia. Gli studenti, insomma, chiedono ascolto e rivendicano ancora una volta protagonismo: “Non siamo perditempo – spiegano -. C’è in gioco il nostro futuro e quello del Paese e se si disinveste sui giovani si disinveste sul futuro”.
A quasi un anno dall’entrata in vigore, e mentre la fase attuativa prosegue a rilento, la riforma dell’università torna ad essere bersagliata dagli slogan: su questo fronte però studenti e anche ricercatori non ci stanno a fare soltanto la parte dei contestatori: “Abbiamo dimostrato di essere in grado di formulare proposte alternative concrete e fattibili: chiediamo che siano prese in considerazione perché più vicine ai bisogni reali dell’università”.
Nelle stesse ore alla Sapienza di Roma si svolgeva l’assemblea della Rete universitaria nazionale (Run): nel corso della due giorni si sono confrontati tutte le componenti del mondo accademico e gli studenti della Run hanno lanciato un appello attraverso una lettera aperta ai primi 15 grandi contribuenti italiani.
Durante i lavori dell’assise intitolata “Espulsi dai saperi, lottano i pensieri”, gli studenti hanno chiesto agli industriali – nomi come quelli di Diego Della Valle, Silvio Berlusconi, Francesco Gaetano Caltagirone, Giorgio Armani e Michele Ferrero – di dare il loro contributo in questo quadro di difficoltà economica finanziando un fondo pubblico da quale attingere per attribuire borse di studio agli studenti più meritevoli e bisognosi. “Non potete non tener conto delle sorti del nostro Paese” recita la missiva, che poi chiede agli industriali di stanziare il 5 per mille del loro reddito per garantire in parte quello che il sistema non è in grado di garantire.